Salvini, attacco all’informazione: «Niente quotidiani e tg, mentono»
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In due incontri elettorali chiama in causa “Il Tirreno” accostandolo a Topolino e se la prende con le tv
Spinge sull’acceleratore. Giovedì sera a tavola, al ristorante Calidario di Venturina. Microfono in mano, fra il primo e il secondo. E la mattina dopo, a Marina di Pisa, su un palco arrangiato. Megafono della Lega d’altri tempi. Quasi da esordi. Matteo Salvini ha abbigliamento e tono informale. Da “uno del popolo”. Perché è il popolo che vuole portare a votare. Ha chiaro un concetto: se vuole contendersi la Toscana deve portare alle urne regionali, il 20 e 21 settembre, gli astensionisti. “Quelli che stanno a casa”, li chiama lui. E per smuoverli usa lo strumento che maneggia meglio: il populismo. Dagli allo straniero; dagli al governo. E dagli ai giornalisti. Al Tirreno che non racconta mai la verità. La sua verità, almeno.
Per questo si affanna tanto, su e giù per la Toscana (e anche per le altre regioni). Il Tirreno lo nasconde o lo travisa, dice ai suoi elettori che applaudono. Succedeva così anche a Berlusconi e poi a Matteo Renzi. Sempre colpa dei giornalisti, che censurano o fraintendono, soprattutto quando l’immagine è un po’ appannata (e il prestigio anche). Quindi se Salvini viene redarguito da un’oncologa al mercato di Forte dei Marmi perché è senza mascherina, il problema sarebbe del Tirreno che non capisce che in Italia l’emergenza sanitaria non c’è. Nonostante i contagi, ieri arrivati quasi a mille.
Ora che la curva comincia a salire e preoccupare - in Italia e in Toscana - l’emergenza sanitaria c’è. Ma non è come la racconta Il Tirreno, che peraltro è sempre presente agli incontri di Salvini: non è un problema di rientri dalle vacanze all’estero degli italiani e dei toscani; di focolai nei centri di accoglienza di richiedenti asilo che abitano in Toscana da mesi se non da anni.
No: la colpa è degli sbarchi dei clandestini. È per questo che, a fine comizio, a Piombino, in attesa dell’arrivo della seconda portata Salvini ammette con i fedelissimi: «Ho smesso di leggere i giornali e di guardare i telegiornali perché stanno mentendo... Parlavo con il sindaco di Piombino de Il Tirreno... Se devo ridere leggo Topolino, non il Tirreno, con tutto rispetto per Topolino». Qualche risatina di assenso da parte dei commensali e allora il Capitano insiste, ricordando che è anche un giornalista professionista (direttore di Radio Padania). E anche se ha lavorato solo per un editore-partito o un partito-editore dà lezioni di deontologia: «Mi metto nei panni di quei colleghi che vedono la realtà e sono costretti per convenienza dell’editore o del direttore a scrivere qualche cosa di non vero». Poi la battuta accattivante, in stile che sta a metà fra Berlusconi e Renzi: «...Ma come diceva Mark Twain il giornalista è quello che dovrebbe distinguere il falso dal vero e poi pubblica il falso. In alcune redazioni succede. Ma fa niente».
Tanto niente non sembra visto che il tema ritorna come un mantra poche ore dopo, a Marina di Pisa nel primo comizio di giornata di ieri, prima che Salvini strambi verso l’Emilia Romagna. La stilettata arriva subito: «Noi siamo qua, senza palchi, con un megafono vecchiotto, in un’occasione improvvisata. Dovevamo essere in poche decine a prendere un caffè, invece siamo tanti. L’altro giorno a Orbetello c’erano Zingaretti o Giani non ci sono stati problemi di distanziamento erano in 7». Il giusto esordio per dare la carica agli elettori: «Ora la storia la scrivete voi, perché se aspettiamo le televisioni, se aspettiamo i giornali: campa cavallo».
L’escamotage funziona, dalla folla si alza una voce: “Sì se ci fanno votare”. E allora il Salvini capopopolo - che non si preoccupa di oscurare la candidata governatrice Susanna Ceccardi - avanza rivoluzionario. Forse anche troppo per un ex ministro dell’Interno che vuole tornare al governo «senza Toninelli e Bonafede a rompere. Non scherziamo. Se non ci faranno votare andiamo a Roma e ci prendiamo il diritto di voto».
Roba da rivoluzione francese, mentre dalla folla si alza qualche mugugno: “Sì, in Italia siamo troppo buoni”. Allora ecco la sterzata populista: «Da mesi gli italiani sono costretti a girare “mascherinati”, in chiesa sono costretti a stare a tre metri, perfino in spiaggia stiamo con la mascherina (lui neppure al mercato, ndr). Gli italiani sono inseguiti e controllati e intanto in Sicilia sbarcano decine di migliaia di balordi. Ditemi voi se è normale chiudere le discoteche e aprire i porti». Neppure aprire le discoteche e chiudere le scuole. Ma non c’è tempo per questa distinzione perché subito Salvini riparte alla carica, arringando agli elettori: «In Toscana la parola spetta a voi. Le televisioni possono nascondervi, Il Tirreno può nascondervi, la Rai può nascondervi ma voi ci siete». A Marina di Pisa sì. A Cascina, no. C’era Zingaretti ieri sera. Salvini arretra. Forse non gli vuole rubare la scena. Forse vuole evitare il confronto diretto. Il Tirreno, però, non lo racconta. Perché il doppio evento non ci sarà.