La chiesa gremita per l'ultimo saluto a Mario Blasoni: «Grazie di tutto, riuscivi a sentire la città»
UDINE. La chiesa della Beata Vergine delle Grazie era gremita, seppur nel distanziamento previsto dalla normativa anti coronavirus, per omaggiare chi ha saputo “sentire” davvero la città in cui è vissuto e ha lavorato per decenni, quel giornalista appassionato e curioso quale è appunto stato Mario Blasoni, capace di imbastire solidi rapporti professionali e personali nell’arco della sua vita.
In tantissimi si sono stretti attorno alla moglie Daniela e ai figli Luca, Marco e Rita per dimostrare alla famiglia l’affetto che li legava al giornalista di lungo corso del Messaggero Veneto al quale vi si è dedicato per 60 anni e dove è stato per un quarto di secolo anche capocronista. Tra gli altri, oltre al direttore Omar Monestier e al suo vice Paolo Mosanghini, c’erano molti colleghi della vecchia e della nuova generazione, ma anche il sindaco di Udine, Pietro Fontanini o politici “storici” come Franco Della Rossa a nome della città.
Blasoni, come ha ricordato in apertura della cerimonia funebre padre Francesco Polotto, aveva collaborato anche con la chiesa e la parrocchia delle Grazie, la “sua” parrocchia. «Siamo qui per un gesto di amicizia e di gratitudine verso Mario» ha riferito padre Polotto, che ha celebrato il funerale insieme con don Davide.
«Con i funerali cerchiamo di fare il riepilogo della vita di una persona – ha sottolineato il parroco nell’omelia – . Mario aveva lavorato a lungo al Messaggero Veneto, lo abbiamo letto in questi giorni. Ma questo è riduttivo. La vita di un uomo è infinitamente di più di quanto appare a noi, che ne vediamo soltanto una parte. Noi scorgiamo solo piccole cose e sulla base delle quali siamo capaci di giudicare. Ma ognuno di noi è di più. Non dovremo parlare di Mario giornalista, quello lo ha già fatto la stampa. Adesso dovremo parlare – ha spiegato – del mondo di relazioni che ha costruito. Una infinità di relazioni che durano nel tempo: con la moglie Daniela, con i figli, sul lavoro e quella con Dio, durata tutta una vita».
Una vita di relazioni, ha argomentato padre Polotto, che si coltivano «fin dall’inizio dell’esistenza. Perché bisogna essere pronti sempre, non solo quando sta per arrivare la morte: la vita va vissuta in profondità ogni momento. Mario – ha aggiunto il parroco – è stato capace di “sentire” la città, lo ha fatto con il cuore ed è questo che fa grande un giornalista. Per farlo credo che occorra una grande umiltà, che significa concretezza nella vita, non invece superbia e arroganza».
Padre Polotto ha rivolto un pensiero affettuoso alla moglie di Mario Blasoni. «Daniela, non deve assolutamente chiudersi – si è raccomandato –, ma continuare a fare quello che a Mario piaceva fare con lei: teatro, mostre o concerti, sentendo così vicina la presenza di Mario, della città e della parrocchia».
Arrivederci, Mario, non addio. Perché faremo tesoro della lezione che ci hai impartito con il tuo amore e la tua autenticità nel raccontare dal profondo, ma senza fronzoli inopportuni, i fatti più importanti della città, come anche i personaggi che l’hanno attraversata e le curiosità sconosciute ai più.