Omicidio Rocchelli, l'Ucraina insiste: Markiv non può essere il colpevole
PAVIA. Gli investigatori ucraini negano che il militare ucraino Vitaly Markiv, condannato in primo grado a 24 anni di reclusione dalla Corte di assise di Pavia per l'omicidio di Rocchelli nel luglio 2019, possa essere il responsabile dell'uccisione del fotoreporter Andrea Rocchelli e dell'attivista russo Andrei Mironov, uccisi da colpi di mortaio il 24 maggio del 2014 nei pressi di Sloviansk, lungo la linea del fronte tra le forze ucraine e quelle separatiste filorusse del Donbass.
Quel giorno, con Rocchelli e Mironov c'era anche il fotografo francese William Roguelon, l'unico a salvarsi: il francese ha testimoniato anche al processo, a Pavia. Il 29 settembre la Corte d'appello di Milano esaminerà l'appello presentato dalla difesa del militare ucraino.
Andy Rocchelli, fotografo e fotoreporter, fondatore e membro del collettivo di fotografi indipendenti Cesura, aveva 30 anni quando è stato ucciso. Stava lavorando a un reportage sulle sofferenze della popolazione del Donbass a causa degli scontri tra separatisti filorussi e l'esercito di Kiev.
Vitaly Markiv, soldato 30enne della Guardia Nazionale Ucraina è stato nel luglio 2019 condannato a 24 anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali. Secondo la procura di Pavia, il giorno dell’uccisione di Rocchelli, il 24 maggio 2014 (il fotoreporter stava documentando le sofferenze della popolazione del Donbass in Ucraina durante la guerra civile), Markiv era al comando della milizia che sparò da una collina. Gli viene anche contestata l’aggravante della crudeltà: avrebbe agito contro persone inermi, durante un attacco condotto con aggiustamento progressivo del tiro. Markiv. in carcere dal 30 giugno 2017, si è sempre proclamato innocente, sostenendo che come soldato semplice poteva usare solo un fucile mitragliatore ed eseguiva degli ordini superiori.
Oggi, nel corso del briefing sul caso presso il ministero dell'Interno ucraino, trasmesso su internet, le autorità di Kiev hanno dichiarato che i soldati ucraini «in quel periodo, in quel posto, erano armati soltanto con armi di tiro teso (cannoni o obici)», mentre «il giornalista è stato ferito mortalmente con pezzi di proiettili di mortaio».
Inoltre, secondo gli investigatori ucraini, «non è stata fatta nessuna violazione da parte di Markiv e dei suoi colleghi, altri soldati del monte Karachun, e nessun fuoco che avrebbe potuto causare questo evento tragico è stato fatto dalla collina Karachun, da dove non si vede nemmeno il luogo del fatto». Secondo la parte ucraina, «il fatto molto importante è che è stato stabilito che la distanza alla quale si trovava in servizio Vitaly Markiv e il luogo di morte di Rocchelli e Mironov è pari a un chilometro e 760 metri».