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Август
2020

Al Festival di Portogruaro i Solisti dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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VENEZIA. I Solisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia del Teatro lunedì 31 agosto alle 21 al Teatro Comunale Russolo di Portogruaro evocheranno la magia dei quintetti di Mozart e di Beethoven. L’appuntamento del Festival di Portogruaro vedrà sul palco Francesco Di Rosa (oboe), Alessandro Carbonare (clarinetto), Andrea Zucco (fagotto), Guglielmo Pellarin (corno) e Roberto Prosseda (pianoforte).

Pellarin, ci può parlare del repertorio?

«La formazione per strumenti a fiato e pianoforte è stata sfruttata da diversi compositori però le massime espressioni musicali credo siano proprio quelle che eseguiremo: il Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore k 452 di Mozart e il Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore opera numero 16 di Beethoven (a 250 anni dalla sua nascita, ndr)».

Due composizioni fondamentali per i fiati.

«Mozart prima del quintetto aveva già sperimentato i timbri di oboe, clarinetto, fagotto e corno per la Sinfonia concertante per fiati e orchestra e con le serenate. Lo stesso Beethoven aveva scritto il suo Ottetto in mi bemolle maggiore, prima di scrivere il suo quintetto che è ispirato a quello di Mozart. Il quartetto di fiati può essere paragonato al quartetto d’archi perché è in grado di offrire un’ampia gamma espressiva e dinamica».

A Portogruaro lei nato anagraficamente ma anche musicalmente.

«Per me è cominciato tutto a Portogruaro. Al Festival da piccolo ho avuto l’opportunità di assistere a molti concerti tra cui quelli del grande cornista Ifor James che ho conosciuto. Conservo ancora gelosamente gli esercizi che lui mi scrisse a mano. Negli ultimi tre anni poi ho collaborato con il Festival da professionista e ho suonato molto del materiale che ho ascoltato da ragazzino: Brahms, Reinecke e ora suonerò i quintetti di Mozart e Beethoven».

Lei ha lavorato con importanti direttori d’orchestra, credo ci sia da imparare solo a guardarli.

«Ho lavorato con Lorin Maazel, Claudio Abbado, Georges Pretre, Valery Gergiev e Daniel Harding. Con Maazel ricordo che la bellezza del gesto mi distrasse, un paio di volte, al punto da perdere un’entrata. Ero catturato dalla sintesi perfetta del gesto: bellezza estetica e ad efficienza musicale. Una perfezione che aveva anche con Abbado».

Lei è docente al Conservatorio Pollini e all’Accademia di S. Cecilia, l’insegnamento aiuta ad essere un musicista più consapevole?

«Molto, perché impone il far ordine dei pensieri per spiegare una cosa ad un ragazzo in parole semplici. Einstein diceva che se non sai spiegare una cosa ad un bambino di 6 anni, vuol dire che non lo sai. A volte un problema di un allievo stimola una riflessione che poi rapportata su di me mi porta a fare un passo in avanti».

A che punto è la ripresa dei concerti?

«Con la mia orchestra abbiamo avuto la piena programmazione a luglio e anche ad agosto. La risposta del pubblico è stata ottima, abbiamo sempre avuto il tutto esaurito nei limiti consentiti dalle regole che hanno imposto il distanziamento sociale e la diminuzione dei posti».

L’Italia è più avanti di altri paesi nella ripresa dei concerti?

«I Berliner Philharmoniker sono stati tra i primi a fare attività da camera, i Wiener Philharmoniker stanno lavorando molto, ad Amsterdam c’è molta attività e a Monaco di Baviera stanno lavorando anche se non come a Berlino. Sono ferme le orchestre inglesi e quelle di New York che non ripartiranno prima di gennaio 2021. Il pubblico italiano ha un’offerta più ampia di quella di altre nazioni, legata ai musicisti di casa nostra perché di tour internazionali ancora non si parla».

Cosa si aspetta dall’autunno?

«Nell’ipotesi chi l’attività continui, potrebbe ripartire la musica nei teatri ma con una minore disponibilità di posti per pubblico. In generale in Europa le orchestre sinfoniche dovrebbero tornare ad esibirsi con una programmazione cambiata ma a calendario immutato».

Lei ha anche la passione per la maratona e per la matematica.

«La maratona con la mia attività di musicista ha in comune la disciplina soprattutto. Mi sono laureato in matematica perché ho sempre avuto la passione per questa materia che mi ha dato una forma mentis razionale».




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