Un anno di servizio civile per tutti i giovani italiani
Quello che è stato riportato nelle ultime settimane, sui gruppi di giovani che hanno lasciato una scia di danni sulle coste toscane, dimostra la grande importanza morale e sociale che può avere il lavoro d’informazione.
Ai cronisti il compito di verificare l’attendibilità delle notizie, fra le quali se la forza pubblica è impotente a intervenire per mancanza di organico, o se in passato interventi di contenimento sono stati vanificati perché i giovani fermati avevano protezioni tali da renderli intoccabili. Ai cronisti il compito di appurare se la magistratura dispone di strumenti per sanzionare eventuali padri, o eventuale connivenze in caso di protezione di chi commette reati. Ai giovani dovrebbero essere date come pene dei servizi sociali compensativi perché capiscano cosa vuol dire il bene comune.
In casi simili i più danneggiati non sono i gestori dei bagni o degli altri locali che hanno subito i danni, ma i giovani stessi circondati da una società che li deprezza perché è incapace di offrire riti di passaggio delle età insieme a ragioni significative per vivere e rendersi utili agli altri e non è nemmeno capace di punirli quando sbagliano, che è un modo di credere in loro e rispettarli.
I volontari dall’alluvione di Firenze, ai vari terremoti, all’alluvione di Genova e ai disastri successivi dove quello di cui la gente aveva bisogno era evidente e si faceva con gratuità, hanno assaggiato il piacere di servire il bene comune.
Dal 2005 non esiste più il servizio militare obbligatorio e corrispondentemente anche il servizio civile è diventato facoltativo. Eppure il nostro paese è entrato in un’epoca di emergenze ecologiche, sociali, sanitarie, etiche ed economiche.
Tutti i giovani dovrebbero fare un anno di servizio civile obbligatorio e “imparar facendo”, oltre che nei vari settori già esistenti, anche nei campi essenziali di una società sostenibile:
l’agricoltura biologica, la sana alimentazione e la decontaminazione dei terreni; la gestione delle acque senza inquinanti nelle case, nelle falde, nei fiumi; la manutenzione e ricostruzione dei paesi marginali e il servizio alla rinascita delle comunità rionali nelle città; l’aiuto alla salute sia preventiva che alle persone in difficoltà; il servizio alle carceri e scuole con progetti di autonomia energetica, alimentare; il servizio ai comuni che procedono in programmi di rifiuti zero.
Il principio è far emergere il valore sociale del lavoro al di fuori di finalità egoistiche la cui pervasività è una delle cause della crisi morale del paese.
Esistono realtà e persone che potrebbero, opportunamente preparate, guidare questa costruzione del futuro. Per i giovani, come dice Alessandro Gassmann, “l’essere circondati da questo mondo così violento e intollerante sta suscitando una filosofia di vita sapiente, certo più di quella di noi vecchi. Sono così radicalmente diversi da noi che solo loro potranno cambiare le cose”. (Venerdì di Repubblica, n.1690). Lasciar correre significa ignorarli ed escludere la loro generazione dal cammino della storia. E in definitiva togliere loro il futuro.