È piena di piccole perle preziose la docuserie Amazon Original «All or Nothing: Tottenham Hotspur», che abbiamo avuto il privilegio di vedere in anteprima e che debutta su Prime Video lunedì 31 agosto, con tre nuovi episodi disponibili ogni lunedì fino al 14 settembre.
C’è questa sequenza straordinaria in cui Josè Mourinho svuota gli scatoloni e mette ordine nel suo nuovo ufficio, nel primo giorno di lavoro al Tottenham. Trofei, ritagli di giornale, fogli sparsi scritti a mano, lavagne tattiche, oggetti che tracciano la traiettoria delle varie fasi della sua carriera. Spunta pure una copia della Gazzetta dello Sport, che il Mou dal cuore interista ha conservato, come si custodiscono i ricordi più belli. Vederlo mentre sistema tutto con una precisione che atterrisce è impagabile e definisce con esattezza l’unicità di un allenatore che ha segnato la storia del calcio moderno.
A rendere ancora più carica di suggestioni la docuserie - girata da Anthony Philipson - è la voce narrante, di Tom Hardy, l’attore britannico celebre per «Peaky Blinders» e per altri film definitivi, basti qui citare «Dunkirk» e «Revenant». Hardy si è già misurato da narratore con le fiabe per bambini e in fondo - a pensarci - è il Mourinho off, lo «Special One» fuori-campo: stesso carisma, stesso fascino, stessa capacità di rapire - con le parole - chi ascolta.
Il marchio «All or Nothing» ha già narrato le stagioni di alcune di alcuni dei più importanti club della N.F.L. come i Dallas Cowboys e gli Arizona Cardinals e - prima del Tottenham - ha raccontato (con voce narrante di Ben Kingsley) il mondo del Manchester City di Pep Guardiola.
Il fascino di questa docuserie risiede nelle frasi rubate dentro lo spogliatoio, tra i corridoi della sede, durante gli allenamenti, al tavolo dove maturano le strategie del club del chairman Daniel Levy; quando calciatori e dirigenti si sentono liberi e si rivelano per quello che sono: gladiatori a uso e consumo dei tifosi, ma anche ragazzi fragili.
Emerge l’intimità dei tanti protagonisti, da Dele Alli a Son Heung-Min fino a quel Christian Eriksen che oggi gioca nell’Inter.
«All or Nothing-Tottenham» è un viaggio nel presente del calcio 2.0, con bagliori di futuro, lì dove il football è diventato show-business. Eppure si sente sempre il peso della tradizione, di un passato che non passa mai, di un’identità - fortissima - che questo club ultracentenario (è stato fondato nel 1882) ha saputo creare con i suoi tifosi.
Mourinho - che ha sostituito l’argentino Pochettino dopo la finale di Champions persa nel 2019 con il Liverpool - è il totem, la chiesa al centro del villaggio, il leader attorno a cui ruota tutta la storia, l’Achille di quell’Iliade feroce e bellissima che è la narrazione del calcio moderno. Allena i cervelli, Mourinho; prima ancora dei muscoli. Sentire uno dei suoi discorsi motivazionali prima di una partita significa accettare l’epica del calcio. Mourinho è unico perché crea empatia. Lo fa con un magnetismo che ha pochi eguali nel mondo. Lo fa perché - come si autodefinì anni fa - lui è lo «Special One».