Qual è il confine fra lo sportswear e il tailoring? È questa la domanda che si è posto il creativo Dima Leu, designer dell'omonimo brand  finalista a Who is On Next? 2020.

Il lavoro stilistico del designer si caratterizza per l'unione della libertà che l'abbigliamento sportivo concede al corpo con lo stile e l'eleganza dell'alta sartoria. 

Yin e Yang: l'abito classico e i due pezzi della tuta da ginnastica. Lavorando su questa combinazione nasce il brand nel 2015, le cui collezioni sono composte da capi sportivi comodi e facili da indossare ma resi funzionali dalle costruzioni e dalla scelta dei tessuti classici. 

I colori, le forme  e gli accessori rimangono fedeli all'impronta sportiva, e a partire dalla collezione Spring Summer 2020, abbracciando l'approccio responsabile e fondamentale per i brand di nuova generazione, ogni capo viene realizzato con tessuti d'archivio o dead stock, tutti rigorosamente made in Italy. 

Il designer ci ha raccontato del suo brand finalista a Who is On Next? 2020:

Il punto forte della tua collezione? 

Declino la mia visione in modo da rispondere a esigenze eterogenee pur mantenendo la mia cifra stilistica. Così posso contare 3 progetti diversi in ogni mia collezione: SPORT SUIT, STRIPES e HOMME, che sono tre approcci per tre clienti leggermente diversi. 

Quanto le tue origini influenzano lo sviluppo stilistico del tuo brand?

Sono cresciuto all'inizio degli anni ‘90 in una repubblica dell’Unione sovietica durante una forte crisi economica e sociale. Questo contesto mi ha avvicinato alla ricerca della bellezza e l'ha nutrita del valore della qualità e non della quantità. In questa direzione la mia ricerca di un guardaroba essenziale si colloca lontano dal ritmo e l'iperproduzione dell’attuale modo di fare fashion.

Che cosa ti aspetti da questa finale? E cosa rappresenta per te la finale di Who Is On Next?

Sono molto contento che la finale di WION20 mi dia l’opportunità di avere più visibilità in Italia, visto che il mio lavoro è stato da subito apprezzato ed è conosciuto soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. Questo riconoscimento è un’opportunità che stimola un mercato come quello italiano, ormai pronto ad accogliere la nuova generazione.  

Mi piacerebbe anche che questa visibilità alimentasse altri progetti: tra cui uno che ho nel cassetto da qualche tempo e che mira a coagulare giovani designer intorno ad un’idea di produzione critica della moda che conservi un’identità stilistica, e che ispiri politiche adatte ad uno sviluppo sostenibile nel settore.