Ivrea, vendite immobiliari: lite tra avvocati, indaga la procura. Sul piatto prestazioni per 500mila euro
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L’Ordine invita a denunciare i colleghi poco professionali. Un legale fa scoppiare il caso: «La delazione non è etica»
LA SENTINELLA IN UN MINUTO
IVREA. Sulla scrivania del Procuratore capo Giuseppe Ferrando, c’è un fascicolo particolare. Assai diverso da quelli legati all’attività quotidiana votata alle investigazioni, alle inchieste, alle indagini. Un fascicolo in cui la Procura valuterà l’operato del Consiglio dell’Ordine degli avvocati nella vicenda dei delegati alle esecuzioni immobiliari. In sostanza un legale del Foro di Ivrea - che ha fatto emergere profonde spaccature in seno all’Ordine - ha messo nero su bianco molte stranezze nell'operato dello stesso su «situazioni di una presunta mancata trasparenza nelle vendite esecutive immobiliari delegate». Che in Canavese rappresentano prestazioni professionali che muovono un volume d'affari dai 300 ai 500mila euro all'anno, in tempi ordinari.
Botta e risposta
Le esecuzioni immobiliari sono i pignoramenti di case, terreni, ville, appartamenti e via discorrendo e la successiva vendita all’incanto. Procedura che deve essere gestita dal Tribunale. Una procedura assai complessa che viene delegata, nella fase di vendita, agli avvocati, notai e commercialisti per sgravare il lavoro dei magistrati che, ad Ivrea come nel resto d’Italia, sono pochi e congestionati da un lavoro tanto delicato, e importante, quanto imponente. Per occuparsi delle vendite esecutive immobiliari delegate è necessario essere iscritti in un apposito elenco, tenuto dai rispettivi Ordini professionali, a cui i magistrati attingono quando necessario. E qui entra in gioco il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, che a firma del suo presidente, Piero Cecchin, con due diverse lettere in data 13 aprile 2019 e 24 aprile 2019, spiega come spesso e volentieri l’approccio di alcuni delegati a queste operazioni sia scadente.
Ma, qui è il detonatore che potrebbe fare esplodere una polemica, i cui schizzi di fango potrebbero imbrattare parecchie immacolate camicie, i delegati alle vendite «poco professionali nell’espletamento degli incarichi» andrebbero indicati e denunciati dai loro stessi colleghi. Lettere che hanno suscitato imbarazzo tra molti legali. L’avvocato Danilo Pastore di Rivara ha risposto per iscritto con toni garbati nella forma, ma straordinariamente duri nei contenuti, mettendo a fuoco due aspetti: in primo luogo la delazione è uno strumento eticamente scorretto e da rifuggire, perché nega il valore fondamentale della professione, il segreto. Chi si rivolgerebbe a un avvocato delatore? Pastore, stigmatizza l’indicazione del Consiglio dell’Ordine che sarebbe mirata (tra l’altro con grossi dubbi sul divieto di attività anticoncorrenziale) ad escludere gli avvocati di altri Fori a vantaggio dei legali eporediese che operano nel settore.
Sovranismo canavesano
«Un sovranismo canavesano» ci ha scherzato qualcuno. Ma qui si è innescata una delicatissima questione che Pastore sottopone all’attenzione della Procura, sullo sfondo un potenziale conflitto di interessi. Morale: l’avvocato rivarese ha messo le sopracitate riflessioni nero su bianco, e si è trovato a giustificarsi, e a giustificarle, davanti al Consiglio distrettuale di disciplina a Torino. Spedito lì davanti, a maggioranza, dal Consiglio dell’Ordine a cui è iscritto. Da noi contattato, ha preferito non commentare «perché la situazione è tutt’altro che esaurita con l’archiviazione emessa nei miei confronti dal collegio di disciplina di Torino, e non sono i giornali, pur importanti strumenti di controllo democratico, la sede propria per recuperare quell’equilibrio e quella solidità etica, che sono sempre e stati i caratteri distintivi degli avvocati». In sintesi le accuse di Pastore, secondo i componenti del collegio di disciplina rispettano i criteri fondamentali della continenza e della pertinenza. Sono legittimamente espresse. Anzi, vanno verificate e approfondite. Da qui quel fascicolo sulla scrivania di Ferrando. Ma non è finita. Il Consiglio dell’Ordine di Ivrea riunito d’urgenza il 7 agosto, parrebbe aver deliberato, a maggioranza, di impugnare l’archiviazione emessa per Pastore.
Ma contestualmente dovrà essere lo stesso presidente Piero Cecchin a dover spedire a Milano tutta la documentazione, perché ora non solo il Ministro della Giustizia vuole vederci chiaro, ma anche dovrà esprimersi il Consiglio distrettuale di disciplina di Milano (che vigila su Torino), e localmente il Procuratore Ferrando. «Il nostro non era un invito alla delazione ma alla collaborazione» affermano dal Consiglio di Ivrea ma qualcuno può adombrare il dubbio che quel “prima i canavesani” nasconda una volontà di ottenere un trattamento di riguardo sul ricco settore delle vendite esecutive immobiliari. —