Montasio, il ghiacciaio perde un metro di spessore l'anno. Legambiente: basta realizzare impianti di sci a bassa quota
L'appello dell'associazione a Promoturismo Fvg. Protetto dallo Jôf è comunque il più resiliente ai cambiamenti climatici dell’arco alpino
MALBORGHETTO. Dagli anni Ottanta lo spessore del ghiacciaio occidentale del Montasio si è ridotto di 34 metri, con una perdita media di almeno un metro l’anno e uno spessore medio passato dai 15 metri del 2013 agli attuali 10.
Questi i risultati del monitoraggio effettuato dalla Carovana dei Ghiacciai 2020 di Legambiente sul Montasio, il più basso dei ghiacciai dell’arco alpino. Un bilancio che, tra il 2016 e il 2019, risulta meno negativo rispetto al resto d’Italia in virtù delle sovrastanti pareti dello Jôf di Montasio che ombreggiano il ghiacciaio e della conformazione a imbuto che lo alimentano con accumuli di neve conseguenza di eventi valanghivi.
A seguito degli effetti dei cambiamenti climatici, Legambiente Fvg, presieduta da Sandro Cargnelutti, chiede a Promotur «di non procedere con la realizzazione di impianti di sci che scendono alla quota di 800 metri, iniziativa che in nessun luogo delle Alpi è oggi, pur tardivamente, presa in considerazione».
«Il ghiacciaio del Montasio Occidentale è un bel esempio di resilienza ai cambiamenti climatici – ha spiegato, ieri, a Malborghetto, Vanda Bonardo, la responsabile Alpi Legambiente –. È il ghiacciaio più basso in quota (1920 metri) delle Alpi tuttavia, seppur in sofferenza, riesce a sopravvivere agli aumenti di temperatura». Secondo i dati discussi durante il sopralluogo effettuato con gli operatori glaciologici guidati dal professor Federico Cazorzi dell’università di Udine, attualmente il ghiacciaio copre un’area di circa sette ettari, con un volume stimabile in un milione di metri cubi.
Storicamente era ritenuto un nevaio o un glacionevato ma, attorno al 1920, gli studi del geologo e glaciologo Ardito Desio riconobbero la sua reale natura di ghiacciaio, che permane tuttora, come dimostrano i recenti rilevamenti effettuati tramite fotogrammetria di precisione. Il movimento misurato su diversi blocchi rocciosi, utilizzati come capisaldi di riferimento, risulta essere in media di 8 centimetri all’anno.
Anche Renato R. Colucci, ricercatore del CNR e componente del Comitato glaciologico italiano, ha spiegato come «la superficie glaciale delle Alpi Giulie (tra Slovenia e Italia) si sia ridotta dell’85 per cento mentre la massa glaciale totale abbia perso in volume il 96 per cento negli ultimi 150 anni circa.
I 23 residui piccoli corpi glaciali delle Alpi Giulie – ha aggiunto Colucci – rappresentano un eccellente esempio di resilienza al cambiamento climatico. Le già abbondanti precipitazioni sono influenzate da eventi estremi che in alcune annate hanno portato nevicate eccezionali in quota in grado, per ora, di controbilanciare estati sempre più lunghe e sempre più calde».