Modena. SImona Forti a Festival Filosofia: «L’alba della fine aumenta la forza della collettività»
MODENA «Non mi spiego come mai il pensiero di Gunther Anders sia stato, e sia tuttora, oscurato rispetto alla produzione filosofica della moglie Hanna Arendt», questa la premessa con cui Simona Forti, professoressa di Storia del pensiero politico contemporaneo, ha aperto il suo intervento nel primo giorno di Festival della Filosofia. Presente all’incontro in Piazza Grande, dal titolo “Gunther Anders e la questione della bomba”, anche l’assessore alla Cultura di Modena, Andrea Bortolomasi. «Anders ha teorizzato e anticipato la cecità del nostro tempo nel saper individuare l’epoca dell’apocalisse.
Sarà questo il motivo della sua assenza tra i grandi filosofi del tempo moderno: poiché sono ancora molti coloro che negano di vivere nel tempo della fine». Così Anders, scomparso nel 1992, aveva definito il chiudersi del XX° secolo. «Nato Gunther Stern, decise di cambiare il suo cognome in Anders, parola che significa “altrimenti”. Intendeva infatti porsi davanti alla società in maniera altra diversa. Ma da chi? Da che cosa? Sicuramente dai filosofi con cui aveva studiato, molti dei quali heideggeriani. Si presenta dunque come un “filosofo d’occasione”, incrociando nella costruzione del suo pensiero la metafisica e il giornalismo».
Punto cardine della filosofia di Anders, per Forti, è da identificarsi con il 1945: «Il 6 agosto, giorno di Hiroshima, abbandonò il suo messianesimo. Secondo il filosofo, si stava transitando dall’idea del “non ancora” a quella del “non più”, di un mondo senza più speranza». È il momento, dunque, in cui Anders teorizza il passaggio filosofico dell’uomo senza mondo a un mondo senza uomini. «I trionfi della tecnica, i prodotti del progresso tecnologico rendono non solo l’uomo alienato dalle proprie creazioni, e dunque estraneo a ciò che gli abita intorno da quel momento in poi. Ma la bomba atomica diveniva impersonificazione reale e tangibile di un’apocalisse, di una distruzione totale».
Ma davvero è tutto perduto? «No, Anderson sapeva che la bomba atomica rappresentava una reale minaccia per una catastrofe imminente, davanti alla quale l’uomo sarebbe stato impotente e inerme. Ma è proprio davanti all’alba della fine che l'umanità deve avere il coraggio di guardare in faccia le minacce del proprio tempo, ritrovandosi in quella forza collettiva, capace di gettare le fondamenta di una nuova società umana». Questa la grande contraddizione del filosofo tedesco: un’idea di disperazione dentro alla quale giace, al contempo, la forza reazionaria propria di chi serba, nonostante tutto, speranza. —