Mantova, gli ultimi sono diventati primi: niente casi Covid al dormitorio

Ma per tutelare la salute degli ospiti, la struttura gestita da Aspef non ha accolto persone per mesi. Il responsabile: ora facciamo il test ai nuovi arrivi. Siamo preoccupati per l’inverno

MANTOVA. Hanno passato i mesi del “tutti a casa” e il post lockdown senza contare un solo caso di Covid. Non stiamo parlando di una struttura isolata dal resto del mondo, ma del dormitorio pubblico di Valletta Valsecchi, gestito da Aspef. È la struttura a cui si rivolge chi è rimasto con quasi nulla al mondo, nemmeno un tetto sulla testa. Ma nessuno degli ospiti ha contratto la malattia. «È così – riferisce il responsabile della struttura, Fabio Quadri, dirigente di Aspef – abbiamo applicato tutte le misure preventive, distribuito mascherine, sanificato gli ambienti comuni e le stanze. E gli ospiti le hanno rispettate. Certo, abbiamo anche dovuto fare dei sacrifici».

È la maledizione dell’emergenza Covid. Per mantenere la sicurezza e ridurre in modo significativo il rischio di focolai nelle strutture aggregative (come scuole, centri sociali e locali) c’è sempre un prezzo da pagare. Per il dormitorio di via Ariosto il prezzo è stato il prolungato blocco di nuovi ingressi. Questo a tutela di chi già era ospitato e per il personale lavorativo.

«In gennaio le presenze erano mediamente 45 a notte – riferisce Quadri – oggi sono soltanto 18. Durante il lockdown non potevamo accogliere altri ospiti. È stato tutto molto difficile. Va detto che con il blocco degli spostamenti, non sono stati molti a bussare alla nostra porta».

Oggi l’accoglienza è garantita, ma le procedure sono più selettive. Le persone che si rivolgono alla struttura di via Ariosto devono presentare non solo i consueti documenti di identità e quelli comprovanti lo stato di necessità, ma anche la certificazione di non essere positivi al coronavirus. «Il più delle volte li indirizziamo all’ospedale per fare il tampone e solo dopo aver accertato il risultato negativo li ospitiamo – spiega Quadri – fino ad oggi è andato tutto bene». Il responsabile della struttura ci tiene a far sapere che, nonostante il periodo nero, qualche ospite è riuscito a trovare lavoro. «Un ragazzo è stato assunto da un’impresa in provincia da poco – spiega Quadri – e speriamo possa dare una svolta alla propria vita».

Le nuove procedure rallentano i tempi di ingresso e per una struttura come questa, alcuni giorni di attesa possono risultare determinanti. Gli utenti possono decidere di andare altrove, cercare rifugio in qualche casa abbandonata dove non è necessario presentare alcun documento o certificazione sanitaria. «Nei mesi estivi le cose sono andate bene – dice Quadri – ma d’inverno, con l’abbassarsi delle temperature, aumenteranno la richieste di ospitalità. Questo significa che dovremo inviare più persone a fare il test e a tenerli fuori in attesa del risultato. Sarà un problema serio».