Battaglia sui limiti Pfas nelle acque. A rischio 4 mila aziende venete
PADOVA.
Quanti Pfas ci possono essere negli scarichi delle acque? Zero o 20 mila nanogrammi/litro come propone il governo? Con il limite dello “Zero tecnico” invocato dai comitati popolari e dal M5s, rischiano di chiudere i battenti quasi 4 mila aziende venete del ramo chimica, gomma e plastica.
Solo Vicenza ne conta 918 con 13 mila addetti, che salgono a 395 mila su scala nazionale, in base ai dati Inps. Il limite dello “Zero laboratoriale” è suggerito anche dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha deciso di inserire nel Collegato 2020 il capitolo dei Pfas, ma a fissare i limiti sarà il Parlamento che dovrà convertire nel giro di un anno il disegno di legge che accoglie le direttive di Bruxelles.
Il M5s, che alla Camera ha una maggioranza schiacciante, è pronto a dare battaglia perché il caso Miteni sta diventando il paradigma del New green deal invocato dall’Europa per la transizione ecologica. Ma le sorprese non mancano. Appena la bozza del ministro Costa è arrivata al Senato, Confindustria ha avviato il confronto con le controproposte tecniche.
È una materia molto complessa, che va affrontata con una «discussione strutturata su base tecnico-scientifica. Al ministero dell’Ambiente va creato un tavolo coinvolgendo Confindustria e le associazioni di categoria di competenza, così da poter arrivare a una soluzione oggettiva, bilanciando gli interessi di tutela dell’ambiente e della salute con quelli legati alla continuazione dell’attività produttiva, messa a rischio con le proposte avanzate nel disegno di legge in esame», si legge nella nota inviata al governo Conte. A gestire la delega Ambiente per Confindustria è Maria Cristina Piovesana, vice di Bonomi: sarà lei con il suo staff a trovare il punto di equilibrio.
A bruciare le tappe delle procedure parlamentari, ieri sono scese a Roma le “Mamme No Pfas” di Vicenza e Montagnana. «Costa non ci può deludere. Ha promesso che i Pfas scompariranno dalle acque potabili e dai fiumi. Non ci siamo ancora. La proposta della sua Commissione tecnica prevede 20 mila nanogrammi litro come scarico finale nei corpi idrici. È un compromesso per salvare le industrie» afferma Michela Piccoli. Lei è a Roma con le mamme protagoniste di battaglie in Veneto e di altre emergenze: a Spinetta Marengo lottano contro la Solvay e nel “triangolo della morte” in Campania stanno avviando la bonifica dalla “terra dei fuochi” avvelenata dalla camorra.
Oggi ci sarà anche l’audizione in Commissione Ambiente. Dopo tre anni di battaglie siamo alla svolta tanto invocata: «Al ministro Costa abbiamo consegnato una lettera in cui gli chiediamo di venire in Veneto e di confrontarsi con la Regione che ha fatto un’esperienza drammatica in Italia: quanto successo a noi non deve accadere più a nessuno in ogni angolo del pianeta: l’incontro è stato positivo, ci sono stati dei passi in avanti oggettivi», dice Michela Piccoli.
La bozza con il Collegato Ambientale introduce la soglia di 20 mila nanogrammi litro per 14 sostanze Pfas a catena lunga e corta. I più utilizzati dalle industrie sono il GnX e il C604, i cui limiti sono stati abbassati a 7 mila nanogrammi litro. «Gli unici filtri che funzionano sono quelli a carbone attivo, attivati per garantire acqua pulita alle 100 mila famiglie della zona rossa tra Vicenza, Padova e Verona. Costano un occhio della testa e li paghiamo con le nostre bollette mese dopo mese. Il governo ha stanziato 80 milioni per rifare quattro acquedotti ma ci vorranno anni per uscire dall’emergenza. Se passa l’allegato ambientale così com’è scritto, il Tribunale delle acque accoglierà qualsiasi ricorso contro i limiti imposti dal Veneto. La bonifica alla Miteni? Non vedo passi in avanti: la falda freatica è ancora inquinata con i depositi di Pfas lascati lì da 30 anni a ridosso della Poscola», conclude la Piccoli.
Il dibattito non riguarda solo Trissino o Montagnana. Negli Usa i Pfas vengono chiamati “forever chemicals” proprio per mettere in evidenza la loro persistenza sia nell’ambiente sia nel corpo umano. Per queste sostanze non esiste un limite sicuro e gli effetti sulla salute umana sono gravi e si manifestano a distanza di decenni. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha ridotto di 4 volte, rispetto al 2018, la dose tollerabile per quattro tipi di Pfas: ciò significa che anche la dispersione ambientale deve essere ridotta al minimo possibile. Alcuni paesi europei, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Danimarca stanno elaborando una proposta per limitare la produzione, la commercializzazione e l’uso di tutti i composti per e polifluoroalchilici nell’UE. La direttiva sarà accolta dall’Italia e non riguarda solo il Veneto, ma anche la Toscana con Prato e il Piemonte: i Pfas ci sono ovunque nell’acqua. —