Mantova, omicidio di Valletta Valsecchi: non si trova il coltello che ha ucciso
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Eseguita a Verona l’autopsia sul corpo di Stefano Giaron, colpito a morte dalla moglie. La corda trovata in camera da letto stride con l’ipotesi della premeditazione
MANTOVA. Un colpo mortale all’addome, che non ha lasciato scampo a Stefano Giaron. Cancellati in un istante i mesi di tensione, i litigi, l’angoscia per il lavoro che non c’è, il trasloco e il soffocamento per un lockdown che ha chiuso anche il loro matrimonio. La corda descritta da Elena Scaini, e in effetti ritrovata nella camera da letto dell’appartamento di via Mozart dove martedì scorso è avvenuto il delitto, getta un punto interrogativo sull’accusa di omicidio volontario premeditato formulata nei confronti della donna. Secondo quanto ha dichiarato durante l’interrogatorio, il marito proprio con quella corda avrebbe cercato di strangolarla, e lei si sarebbe difesa, sferrandogli il fendente nell’addome con un coltello da cucina. Che al momento non si trova.
La donna ha assicurato agli investigatori di averlo portato con sé a bordo del furgone con cui è fuggita a Zocca (Modena) dopo l’omicidio, ma lì non è stato trovato. Potrebbe essersene liberata, subito dopo il delitto, o durante la fuga, oppure è uno dei coltelli che sono stati trovati nella cucina dell’appartamento e già mandati ai Ris di Parma per rilevare la presenza di tracce di sangue. Nell’appartamento di via Mozart, da martedì a venerdi, quando è stato scoperto il corpo senza vita di Giaron, dopo l’allarme scattato dalla caserma dei carabinieri di Pavullo, nell’appartamento di via Mozart è rimasta l’anziana madre del 51enne, Lina Graziati, che potrebbe aver spostato e lavato l’arma del delitto. Del tutto inconsapevolmente.
La donna, che ha 79 anni, con ogni probabilità non si è resa conto della tragedia che si era consumata nel suo appartamento, dove il figlio e la nuora si erano trasferiti qualche mese fa da Montanara. I disturbi dovuti all’età e lo choc le hanno fatto dimenticare tutto. Quando vigili del fuoco e carabinieri sono entrati nell’appartamento, l’hanno trovata in uno stato di confusione mentale assoluto e con ferite alle mani e al corpo.
Ritrovare il coltello quindi diventa fondamentale per accertare se Elena Scaini, senza controllo, abbia colpito anche lei. Un’ipotesi questa, che fa a pugni con la testimonianza di Monica Rigattieri, l’amica di Cervia che ha sentito al telefono la donna martedì sera, probabilmente poco prima che questa afferrasse il coltello per ferire a morte il marito.
L’amica ha riferito ai carabinieri le confidenze di Elena sui continui maltrattamenti e botte che subiva dal m arito. Negli ultimi tempo la sua aggressività si sarebbe sfogata anche contro l’anziana madre, tanto che più di una volta lei sarebbe intervenuta in difesa della suocera. Elena non lo aveva mai denunciato. A chiamare le forze dell’ordine, più volte, erano stati i vicini del civico 8 di via Mozart, preoccupati per le grida che provenivano dall’appartamento al primo piano. Una situazione sempre più angosciante.
Ma quello della donna è stato un gesto premeditato oppure quel coltello è stato afferrato in un momento di perdita di controllo dopo l’ennesima lite furiosa? Questo non potrà spiegarlo neppure l’autopsia che è stata eseguita martedì 13 ottobre a Verona.