A solo un giorno dalla morte del marito, il maestro del design Enzo Mari, Lea Vergine, critica d’arte, è morta per le complicanze da Covid-19. Nata a Napoli nel 1936, aveva 84 anni. Il padre la voleva pianista ma lei fin da piccola sentiva un’attrazione speciale per l’arte. E amava scrivere: due passioni, le sue, che sono rimaste intatte per sempre nella sua vita.

Come critica ha scritto per alcuni quotidiani italiani, tra i quali il Corriere della Sera e il Manifesto e soprattutto ha pubblicato tanti, tantissimi saggi sull’arte. Solo qualche titolo per fare un esempio: Attraverso l’Arte. Pratica politica. Pagare il ’68, edito da Arcana, nel 1976. Un testo fondamentale a dimostrazione che nulla può essere trattato fuori dall’ecosistema sociale e politico.

Poi, Body art e storie simili. Il corpo come linguaggio, edito da Skira nel 2000. Oppure ancora L'arte non è faccenda di persone perbene, pubblicato da Rizzoli nel 2016, commentato così qualche tempo fa in un’intervista (erano sempre molto rare) ad Art Tribune

Chi sono le persone perbene? Sono coloro che hanno il senso comune, soprattutto il buonsenso. Che si chiedono poche cose e sempre quelle, dice Lea. Mentre, invece, l’arte dilania. Mette allo scoperto tutti i traumi, consci e inconsci, ravviverà tutto il dolore di sé. Ma il dolore non è sempre una cosa nefasta, è anche una cosa che apre il cervello e fa capire, aggiunge.

E lei per tutta la vita ha cercato di “capire” anche attraverso la lettura. Ha raccontato sempre ad Art Tribune che leggeva moltissimo: “Sono una lettrice disordinata e sempre in cerca degli estremi. Ho letto di tutto da Michel de Montaigne a Thomas Bernhard, da Gertrude Stein a Spinoza, dalla Bibbia a Ivy Compton-Barnet”.

Tante, tantissime anche le mostre organizzate da Lea Vergine, il cui vero nome era Lea Buoncristiano. Una per tutte: nel febbraio del 1980 organizzò da Palazzo Reale a Milano L'altra metà dell'avanguardia 1910-1940, con allestimento di Achille Castiglioni con le opere di oltre cento artiste dei movimenti d'avanguardia d'inizio Novecento, ingiustamente cancellate dalla storiografia. Fu un'esposizione fondamentale non solo in termini di storia dell'arte ma anche per le questioni di genere.

Si sposò la prima volta a 17 anni. E quando incontrò Enzo Mari, si trasferì a Milano ma chi le faceva domande sul loro amore di solito non rispondeva.