Mille: «Quando ho accettato i miei errori»
Se Elisa Pucci ha scelto di chiamarsi Mille la colpa è un po’ di suo padre che, fin da quando era una bambina, l’ha sempre chiamata «Garibaldì»: «Facevo degli spettacolini, usavo i mobili come scenografia e le tende come costumi. Ogni volta rivoluzionavo tutta casa e mio padre diceva che era come se stesse arrivando la spedizione dei Mille» spiega Elisa al telefono da Milano, città in cui ha scelto di trasferirsi un anno e mezzo fa per quello che oggi chiama «un tempismo imperfetto». Il grande pubblico la conosce come voce dei Moseek, il gruppo che si piazzò quinto alla nona edizione di X Factor e al quale Elisa è ancora artisticamente legata pur avendo scelto di intraprendere la carriera di solista con il nome di Mille. E così, dopo Animali, La vita le cose e Quella di sempre, arriva il suo nuovo singolo: s’intitola Cucina Tipica Napoletana, un nome che accompagna una suggestione che le è venuta un giorno mentre passeggiava per strada: «Avevo un mantra in testa quando mi sono ritrovata di fronte a un ristorante che diceva “cucina tipica napoletana”: visto che con i titoli delle canzoni vado molto a cuore, mi è venuto naturale fissarlo nella mia testa con quel nome».
https://www.youtube.com/watch?v=7I7RgfLxIGwLa sua nuova canzone è un po’ un dialogo tra sorelle.
«Mi immagino seduta di fronte alla sorella più piccola che non ho mai avuto stringendole la mano. Mi è capitato molto spesso di prendere la mano dei miei famigliari, di mettermi seduta e dire “adesso aggiustiamo tutto”. È qualcosa che mi riconnette a esperienze di vita vissuta, a momenti di convivenza in cui ci si mette cuore a cuore. La canzone parte da lì».
Il titolo Cucina Tipica Napoletana per certi versi è fuorviante. Lei, infatti, è di Velletri.
«Nasco tra i colli, il vino buono e il cibo buonissimo, ma mi sono sempre spostata molto. A Milano ci sono arrivata dopo nove traslochi, cambiando sempre diverse atmosfere. Dopo la pandemia il mio cortiletto è diventato un unico appartamento: i condomini mi vedevano suonare il pianoforte dalla finestra e da lì siamo diventati amici. Con la mia dolce metà, musicista anche lui, ci siamo messi a suonare per loro e adesso ci frequentiamo e usciamo tutti insieme».
La passione per la musica quando nasce?
«A otto anni ho avuto la percezione di voler fare la musicista quando ho visto lo Zecchino d’Oro e sognavo di parteciparvi. Mi iscrissi falsificando la firma di mio padre che, giustamente, si arrabbiò tantissimo dicendo che aveva una piccola delinquente in casa. La cosa, però, fu indicativa perché era evidente che non fosse solo un capriccio».
Alla fine allo Zecchino d’Oro ci è andata?
«Sì, ma non con una canzone scritta da me come avrei voluto».
A otto anni scriveva già canzoni?
«Sì, delle canzoncine. E poi adoravo musicare le poesie e i testi di Sanremo. Ero fissata, registravo tutte le serate e mi chiedevo se le mie melodie somigliassero a quelle originali».
Deduco, quindi, che a Sanremo vorrebbe partecipare un giorno.
«Chissà, magari. Ho iniziato a scrivere in italiano da un anno e mezzo, mi piacerebbe».
E pensare che, nonostante questo, si è iscritta a Economia.
«Mi sono laureata in un’interfacoltà alla Sapienza tra Lettere ed Economia dedicata alla Moda. Ho sempre voluto approfondire quell’ambito lì, ma più per cultura personale che altro. Dopo la triennale non ho più continuato perché ho iniziato a fare l’attrice in una compagnia teatrale e a dedicarmi alla musica».
Recita ancora?
«Non più, anche se è stata un’esperienza divertente: andare in scena tutte le sere mi metteva in una condizione di estrema lucidità e concentrazione. Quando ho iniziato a suonare, però, ho dovuto fare una scelta e ho seguito la pancia».
Il grande pubblico la conosce a X Factor. Da allora sono passati 5 anni: come li ha vissuti?
«Sono volati. I primi due eravamo sempre in tour con i Moseek, dopodiché ho iniziato a dedicarmi a una nuova dimensione compositiva e a testarmi con l’italiano».
L’idea di intraprendere la carriera da solista quando arriva?
«Quando ho cominciato a mettere nero su bianco la mia visione, la mia faccia, la mia storia e la mia esperienza. Ho fatto ascoltare quelle canzoni a Davide e Fabio dei Moseek ed era chiaro che stessi tracciando un altro percorso: quei brani avevano un’altra faccia, ma non me la sono sentita di scegliere una delle due alternative, perché fanno entrambe parte di me».
Quindi è ancora nei Moseek?
«Sì, mantengo entrambi i progetti, anche se adesso abbiamo lasciato in stand-by le canzoni a cui stavamo lavorando. Sono ancora lì, in un dropbox chiamato “Gennaio 2020” che, per ragioni ovvie, non abbiamo più toccato».
Non teme che essere sia Mille che Elisa dei Moseek possa confondere il pubblico riguardo la sua identità?
«La scelta di non far uscire musica nuova con i Moseek è legata anche a questo. Quando canto in inglese c’è una sorta di trasformazione rispetto a quando canto in italiano: penso che sia fattibile riuscire a mantenere entrambi gli impegni, anche se ora sono concentrata di più sul mio percorso per non destare confusione».
La prima esibizione da sola com’è andata?
«È stata dopo la pandemia, un piccolo concerto organizzato nel mio cortile. È stata la prima volta che mi sono sentita veramente Mille: sono rimasta affascinata dall’espressione delle persone, da come mi guardavano e cantavano la stessa cosa».
Cosa vuole far sapere di sé attraverso le nuove canzoni?
«Che si può stare meglio, che le cose cambiano e si evolvono. Dobbiamo metterci tanta dedizione, volontà e allenamento, ma è necessario darci l’opportunità di stare bene».
Da cosa sentiva di dover stare meglio?
«Dal fatto che ho sempre demonizzato la mia concezione dell’errore. Spesso non sono riuscita a godere le cose belle che mi succedevano ma, quando ho iniziato a educare i pensieri e a decodificarli attraverso la scrittura, riesco a permettermi degli errori pur rimanendo presente a me stessa e alle cose che vivo».