Questa intervista a Jonathan Majors esce su GQ di ottobre 2020.

Il soprannaturale per raccontare l’orrore vero. Succede in Lovecraft Country, la serie che sta facendo parlare l’America e che in Italia arriverà il 31 ottobre su Sky e NOW TV. E succede anche a Jonathan Majors, che ne è il protagonista: 31 anni, quotazioni in ascesa, ora dislocato a Santa Fe per The Harder They Fall, il progetto di western all-Black prodotto dal rapper Jay-Z. Quando la produzione è stata sospesa per pandemia ha deciso di restare in New Mexico con i suoi due cani: il piano era di lasciare l’appartamento di Harlem, a New York, e girovagare di set in set per un po’; è finita che Majors si è fermato − meglio isolarsi nella Rio Grande Valley che altrove − e qui ha partecipato alle proteste di Black Lives Matter. 
Partiamo da Lovecraft Country, serie che arriva nelle case mentre la rivolta occupa le strade.
«In sincronia con l’attualità, è vero. È una serie con solide basi, con dietro due produttori come Jordan Peele (Get Out, BlacKkKlansman) e J.J. Abrams (Lost, Westworld), che usa l’horror per commentare le tensioni sociali che attraversano gli Usa: un genere che crea uno stato d’ansia crescente, lo stesso che vibra nelle vite dei neri. 
È quella che viene chiamata la «Black experience».
«Esatto. In questo caso la storia è ambientata in quell’America Anni 50 regolata dalle leggi Jim Crow, leggi discriminatorie che negavano ai neri i loro diritti acquisiti: uno su tutti, quello al voto. Malgrado la schiavitù fosse stata abolita dalla Costituzione, gli afroamericani erano ancora soggetti alla segregazione razziale: era un Lovecraft Country, là dove il riferimento ai racconti di H.P. Lovecraft, padre della fantascienza ma profondamente razzista, introduce a un sistema di regole spaventose, magari non scritte, che continuano ancora oggi a legittimare la violenza contro le minoranze».
E lei ci si ritrova in mezzo.
«Sono Atticus Freeman, un veterano della Guerra di Corea, che parte alla ricerca del padre scomparso. Con me ci sono uno zio, editore della Safe Negro Travel Guide (versione traslata del Green Book, il manuale per gli afroamericani in viaggio negli Stati Uniti, ndr), e un’amica. Lungo la strada il pericolo avrà molte facce, non solo i tentacoli del Cthulhu di Lovecraft».
A proposito: ricorda la prima volta che ha subito un atto discriminatorio?
«Sono cresciuto tra Dallas e la fattoria dei miei nonni a Riesel, in Texas. Big Andy, il nonno, era due metri di uomo, bello, reduce da Corea e Vietnam, rispettato da tutti. Un giorno alla pompa di benzina dei bianchi hanno iniziato a insultarlo: ehi tu, nigger, sporco negro. Ho visto la rabbia deformare il suo viso: avevo sei anni e lui era il mio esempio, ma non avrebbe potuto nulla contro il nostro status. Il colore della pelle ci avrebbe sempre reso inferiori».
Diventare Atticus le ha dato la possibilità di vendicarsi?
«Lo scoprirete. Atticus sconfigge i mostri: quelli parto della fantasia, ma anche quelli reali. Non riuscivo a credere che un personaggio di colore potesse essere così articolato: l’archetipo dell’eroe, che sta fra Sherlock Holmes e John Wayne, Amleto e Indiana Jones. Ho lottato per avere la parte, il che ha significato imparare tutto anche del genere horror». 
Genere che si è evoluto non poco negli ultimi anni. 
«Direi anch’io. Quand’ero ragazzo leggevo Stephen King, Edgar Allan Poe e il Frankenstein di Mary Shelley. Da adulto ho capito che c’era un’altra prospettiva grazie a Get Out di Jordan Peele, il primo a usare il mostro del razzismo per far tremare anche i bianchi. Ora capisco che quello successo a mio nonno era un episodio horror, mentalmente destabilizzante».

Jonathan Majors, 31 anni compiuti il 7 settembre. È il protagonista di «Lovecraft Country», la serie in 10 puntate scritta da Misha Green, su Sky e NOW TV (foto courtesy Sky e Hbo)

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Jonathan Majors, 31 anni compiuti il 7 settembre. È il protagonista di «Lovecraft Country», la serie in 10 puntate scritta da Misha Green, su Sky e NOW TV (foto courtesy Sky e Hbo)
Courtesy Sky e Hbo

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