La Croazia si appella agli emigrati: «Non tornate a casa per le feste»
ZAGABRIA Resta sempre disastrosa la situazione in Croazia dove ieri i nuovi contagi sono stati 4.396 su 11.687 tamponi eseguiti, ossia il 37,6% dei testati è risultato positivo. I morti sono 64. Il capo dell'Istituto croato per la sanità pubblica (Hzjz) Krunoslav Capak ha annunciato che l'incidenza su 14 giorni rimane alta: 1.183 infetti ogni 100.000 abitanti. La mortalità dovuta a Covid-19 è 580,7 per milione di abitanti. Il ministro dell'Interno Davor Božinović ha invitato i cittadini a trascorrere le prossime vacanze di Natale e Capodanno nel ristretto cerchio familiare e di astenersi da contatti al di fuori di esso. Dal 1° dicembre, i cittadini dell'Ue possono entrare in Croazia solo con un tampone negativo non più vecchio di 48 ore, mentre i cittadini di Paesi terzi possono solo transitare attraverso la Croazia. Questa misura è in vigore fino al 15 dicembre, ma sarà sicuramente prolungata per un mese. Questo per evitare una grande ondata di rientri di cittadini croati dall'estero durante le vacanze di Natale e Capodanno. Si stima, infatti, che decine di migliaia di emigrati potrebbero tornare in Croazia, come ogni anno in questo periodo e peggiorare la già difficile situazione della pandemia di coronavirus. Pertanto, la Protezione civile nazionale lancia un messaggio chiaro alla diaspora: «Restate dove siete».
Intanto, in Slovenia, sono da mesi sulle barricate, resistono, molti ci rimettono la vita (ma non fa notizia), mettono a rischio le proprie famiglie quando tornano a casa quelle poche ore a riposare, eppure non vengono neanche pagati come stabilito per legge e contratto. È la triste storia di medici e infermieri della vicina Repubblica sulla cui schiena è crollato il peso dell’intero sistema sanitario nazionale, impegnati nella fin qui impari lotta contro il Covid-19. A metà ottobre è stato nuovamente dichiarato lo stato di epidemia nel Paese, il che significa che gli operatori sanitari hanno diritto sia alle indennità, per pericolo e oneri speciali durante l'epidemia (30%), sia per il lavoro in situazioni a rischio (65%). Ma, come spiega Irena Ilešič Čujovič, presidente del Sindacato sloveno per la salute e la previdenza sociale, in pratica il pagamento delle indennità è in fase di stallo. Motivo? Problemi finanziari dei datori di lavoro. Fondi per finanziare le indennità per il lavoro con i pazienti Covid saranno forniti dallo Stato nel bilancio, ma la sindacalista avverte: «Lo Stato fornirà fondi, ma fornirà loro con un ritardo di due o tre mesi, che è un grosso fardello per i datori di lavoro e quindi il tutto ricadrà ovviamente sulle spalle dei lavoratori.
Lavoratori del settore sanità che nelle ultime 24 ore hanno dovuto fronteggiare 1.813 nuovi contagi su 6.453 tamponi effettuati. La percentuale dei positivi ai test è del 28%. Sono morte 49 persone. Numeri che non inducono all’ottimismo per le prosime festività. «Posso prevedere con alta probabilità che la Slovenia non fermerà le industrie come qualcuno propone», ha detto il primo ministro Janez Janša alla luce dei dati sull’epidemia. In vista dei colloqui odierni con i rappresentanti dell'economia e della salute in merito alle misure anti-Covid, il premier ha anche sottolineato che i responsabili delle decisioni si atterranno al piano in cinque fasi già varato la scorsa settimana e prevede un rafforzamento dei controlli sull'osservanza delle misure anti-Covid nelle entità economiche in cui sono state identificate diverse infezioni o vengono indicate tendenze pericolose. Se fasi di allentamento avverranno nei prossimi giorni, saranno limitate alle regioni in cui ci sono meno infezioni e le tendenze sono in calo, ma non si può dire nulla in anticipo, ha ribadito Janša. —
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