Automotive, picchi di lavoro anomali: tanti interinali sostituiscono i Covid e ampliano i turni
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Nel settore trainante per il Canavese si naviga a vista. Fiom: «Vigiliamo sui posti». Confindustria: «Servono incentivi»
IVREA. Picchi anomali, a macchia di leopardo. Se c’è una cosa su cui Confindustria e i sindacati concordano in questo periodo, è che il futuro della produzione è quanto mai nebuloso. Si naviga a vista. Soprattutto in un settore chiave per il Canavese, come quello dell’automotive. Trainato, attualmente, dagli ordini di Fiat per completare lo sforzo produttivo per la 500 elettrica. Le richieste arrivano però in aziende già provate dall’emergenza Coronavirus, dove il personale - spesso interi reparti -, è a casa contagiato, o in isolamento fiduciario. I lavoratori vengono sostituiti, da personale interinale, di cui c’è grande richiesta in questo momento.
«Alla Dayco ne hanno presi una trentina - spiega Fabrizio Bellino della Fiom Cgil -, alla Itt di Vauda Canavese una ventina. Sono numeri importati per realtà come le nostre. La situazione è anomala, molte aziende fanno dei ponti molto corti, altri chiedono di fare più turni, aumentando da due a tre giornalieri, da 15 a 18 settimanali, lavorando sei giorni su sette. Ora c’è il blocco degli straordinari per la questione del rinnovo del contratto, ma le aziende lo gestiscono con le compensazioni, con il lavoro a scorrimento. Non si capisce, però, che fine possa avere tutta questa produzione. Bisogna capire se durerà fino a febbraio e marzo e cosa ne sarà del blocco del licenziamenti».
Il lavoro, che è una manna del cielo per molti disoccupati in questo momento, rischia di rivelarsi soltanto un’illusione. «Ad oggi stanno inserendo nei turni precari e somministrati - spiega ancora Bellino -, noi ci concentriamo su due obiettivi: anzitutto niente licenziamenti e poi che almeno parte di questi precari vengano confermati».
L’analisi della presidente di Confindustria Canavese Patrizia Paglia in parte coincide con quella di Bellino.
«Alcune nuove produzioni e picchi si sono riscontrati da luglio a ottobre - spiega -, ma la pianificazione degli ordinativi del 2021 fa temere che gli aumenti di produzione non siano strutturali, sufficientemente robusti e destinati a durare nei prossimi esercizi. Il protrarsi della pandemia ha costretto molte aziende italiane e naturalmente anche canavesane del settore automotive alla sostituzione di personale assente per malattia o in isolamento fiduciario, allo scopo di mantenere attivi i turni di produzione: il lavoro è diventato più lento, condizionato dalle nuove modalità di esecuzione, per il rispetto delle distanze e dei protocolli di sicurezza. Purtroppo non possiamo parlare di una vera ripresa strutturale del settore, ma di fenomeni di picchi produttivi “a macchia di leopardo” dovuti al ramp up (cioè l’aumento di produzione in previsione di una crescita della domanda, ndr) di qualche nuovo modello di fabbricazione italiana, entrato in produzione, con il conseguente fenomeno di saturazione dei concessionari italiani e stranieri».
Anche l’impressione di Alberto Mancino della Uilm è quello di un picco di produzione non destinato a durare. «Sta accadendo almeno in 7-8 aziende - spiega -, prevalentemente quelle che fanno pezzi specifici per la 500 elettrica. Ma non in tutti i segmenti e reparti è così. Dove ci si occupa di motore endotermico, riceviamo ancora richieste di cassa integrazione». Il rischio nel passaggio dal motore endotermico a quello elettrico in Canavese c’è, ed è inutile nasconderlo. «Bisogna pensare una transizione soft spiega Mancino -, soprattutto in virtù del fatto che la componentistica dell’elettrico è ridotta. E poi non tutte le aziende attualmente hanno le competenze necessarie. Rischiamo di perdere l’80% di chi si occupa del settore, se la transizione non è dolce».
Secondo Paola Eusebietti della Fim Cisl, «alcune aziende sopravvivono ancora grazie alla cassa Covid. Bisogna continuare a chiedere, dunque, che gli ammortizzatori sociali continuino». La ricetta di Confindustria, invece, è diversa. «Sono necessari - spiega Paglia - ulteriori interventi sia a breve termine sia a lungo termine, non soltanto sotto forma di sostegno finanziario ma anche misure ad hoc per favorire alcune trasformazioni della filiera assolutamente necessarie, quali ad esempio la transizione green e quella digitale. Per dare slancio alle immatricolazioni, sarebbero necessarie anche nel 2021 misure di incentivazione che, portando allo svecchiamento del parco auto, potrebbero contrastare le condizioni di mancata piena ripresa del settore. La maggiore detraibilità dell’Iva per le vetture aziendali è una misura già in atto nei maggiori Paesi europei e l’assenza nel mercato italiano è penalizzante e ne riduce la competitività». —