Truffa ai danni dei clienti, sotto inchiesta un’avvocatessa

Incidente stradale e risarcimenti: la professionista è indagata anche per falso in atto pubblico e infedele patrocinio. Nei guai pure il compagno e i suoi genitori per avere ricevuto sul conto 80mila euro

PISA. Un’avvocatessa del Foro pisano e tre suoi familiari acquisiti sono indagati con l’accusa di truffa in un contesto di risarcimenti assicurativi del valore di centinaia di migliaia di euro.

È un fascicolo, ancora nelle fasi iniziali, aperto dal sostituto procuratore Lydia Pagnini e costituito da almeno tre elementi. Il primo è la querela di un ex cliente assistito tempo addietro dalla professionista per un sinistro stradale. Il secondo è il sequestro di svariati documenti e atti giudiziari nello studio della legale, mentre il terzo sono gli avvisi di garanzia notificati all’avvocatessa con l’ipotesi di reato di truffa, infedele patrocinio e falso in atto pubblico e, come reati contestati in concorso, anche al compagno e ai suoi genitori.

Una storia delicata non solo per i protagonisti di un’indagine che procede con l’acquisizione di documenti e che al momento ha visto la professionista avvalersi della facoltà di non rispondere una volta convocata in Procura per essere interrogata.

Alla base del lavoro avviato dal magistrato c’è una querela circostanziata di quello che nel frattempo è diventato l’ex cliente della donna.

Secondo l’accusa lui e la mamma sarebbero stati indotti dall’avvocatessa a prendere un prestito di almeno 80mila euro per chiudere un presunto contenzioso con la compagnia assicuratrice dell’auto, intestata alla madre, con la quale il figlio aveva provocato un incidente stradale causando gravissime lesioni alla controparte.

Al conducente avevano contestato la guida in stato di ebbrezza e l’assicurazione dopo aver saldato i danni (siamo sui 700mila euro) aveva avviato un’azione di rivalsa nei confronti della mamma dell’automobilista (a lei era intestata la polizza) per recuperare la somma liquidata. Quel denaro, è la tesi dell’accusa, non serviva a transare con l’assicurazione come fatto intendere ai clienti, ma sarebbe finito sul conto dell’avvocatessa e dei suoi “familiari”.

Stando alla ricostruzione dei clienti, quegli 80mila euro la compagnia non li aveva chiesti dal momento che a livello civile la situazione si era quasi sistemata anche per effetto dell’assoluzione nel procedimento penale ottenuta dal guidatore della macchina intestata alla mamma.

Nel compendio delle contestazioni compare anche un altro aspetto in corso di approfondimento.

Per chiedere il prestito madre e figlio avrebbero esibito alla finanziaria un progetto di notula e un’intimazione a pagare redatti dall’avvocatessa. Una pezza d’appoggio per rendere l’idea di quanto fosse urgente e decisiva l’erogazione dei soldi. Non solo.

Per convincerli della necessità di pagare l’assicurazione con gli 80mila euro, è sempre l’ipotesi della Procura, la professionista avrebbe anche mostrato ai clienti un verbale di udienza in cui si attestava il versamento dei soldi all’assicurazione. Un documento firmato, però, da un giudice che alla data riprodotta sull’atto non si trovava più in servizio a Pisa, ma era da tempo passato in Cassazione. Una contraffazione documentale, di qui l’accusa di falso in atto pubblico, per sviare i clienti sulla destinazione finale degli 80mila euro. —

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