Diciamolo, tolti i finali di Suburra e Baby e il film L’isola delle rose, non è che i Netflix Original italiani abbiano brillato nel 2020. Almeno fino a Sanpa, prodotto che lascia il segno non solo per la storia che recupera e narra con rinnovato approfondimento, ma anche per quanto è fatto bene. 

In ognuna delle 5 puntate di cui si compone la docuserie su San Patrignano e sulla dilemmatica figura del suo fondatore Vincenzo Muccioli, con i suoi metodi poco ortodossi, si vede il lavoro, gli anni passati a raccogliere materiali e preparare le interviste di supporto, raccordo tra il passato e il presente attraverso alcune testimonianze cruciali.

Sanpa ti rituffa nel passato e ti trattiene, interessatissimo, sul suo racconto, anche se ogni episodio dura 50 minuti, con la stessa potenza di impatto che hanno avuto una serie come Chernobyl e un docu-reality Netflix come Tiger King. Sembrano paragoni azzardati, ma come la serie HBO, Sanpa ti apre subito gli occhi su quanto si possa essere dimenticato negli anni (le immagini della sua gioventò zombi nei parchi non le avevamo “registrate”) e quanto si possa aver dato per scontate invece certe informazioni, convinti che su un dato tema, molto popolare, si era ferrati e con un’opinione certa. 

Con una sua maieutica ed ermeneutica, la docuserie invita a riaprire un capitolo della memoria tua e collettiva per informarti di più e più a fondo, o anche solo per ripassare le cose come si deve, in modo da esprimerti in modo più sensato e coscienzioso su di esse in futuro. Queste cose, in Sanpa, sono il dramma dell’eroina tra la fine dei Settanta e gli Ottanta, la scoperta (terrificante) dell’Aids assieme alla moria che si è portata dietro, due poli in mezzo ai quali si svolge la vicenda di San Patrignano tra trionfi, cadute e ombre

A volte, quando guardi quella realtà ormai lontana, fino a 40 anni fa, ti sembra (come quando hai avuto a che fare con Joe Exotic e gli animali in gabbia) che non sia reale, che la realtà, vista a distanza, sia strana, poco realistica e ti stupisci nel pensare… ma come e quando nascono un certo fanatismo e la fascinazione generale? E insieme anche l'opposto: come è stato possibile che su un'emergenza come quella che c'è stata sulla droga a quei tempi si sia così tanto rivolto lo sguardo altrove? E questo a livello di istituzioni, per riavvicinarsi poi ai temi scottanti per convenienza, attraverso la storia di una comunità e del suo leader. 

Al terzo episodio capisci che no, non è questione di avere fame di saperne di più come davanti alle stranezze di Tiger King. Piuttosto è che sei davanti a un racconto che cresce quasi come quello di Wild Wild Country, una docuserie capolavoro a detta degli spettatori e dei critici di ogni parte del mondo. Fatta bene, piena di spunti, sfaccettata, capace di tenerti “affamato” di nuove informazioni puntata dopo puntata, ma senza farti sentire voyeur, piuttosto rendendoti in qualche modo edotto e più cosciente. Complimenti davvero agli autori (Gianluca Neri, Paolo Bernardelli e Carlo Giuseppe Gabardini) e alla regista (Cosima Spender): Sanpa ha le carte per farsi capire e apprezzare ovunque sia presentata.

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