Margherita Hack ha un’erede: è l’astrofisica Matteucci
foto da Quotidiani locali
TRIESTE Dopo Margherita Hack, c’è lei, Francesca Matteucci, professore ordinario di Fisica stellare all’Università di Trieste. E come Margherita, oltre all’amore per le stelle, c’è un altro codice comune. Entrambe infatti giungono da territori limitrofi, Matteucci ha vissuto ad Orvieto e la sua voce tradisce lo stesso timbro di Hack, la stessa cadenza e schiettezza.
Laureata in Fisica alla Sapienza, consegue il post doc a Padova e segue i corsi alla Sissa. Lavorerà per dieci anni all’estero, all’European Southern Observatory e al Max Planck Institut per l’Astrofisica di Garching. Nel 1994 si stabilisce a Trieste:
«Città che amo per l’eccellenza dei poli scientifici, oltre al fatto che essendo cresciuta in Umbria, per me il mare è una conquista. E poi c’era Margherita Hack, a cui mi ha stretto una profonda amicizia. Ammiravo i suoi studi, ma amavo anche la sua tempra umana, era una persona buona oltre che un esempio per le donne su fronte della ricerca. Perché le donne talvolta temono questo tipo di studi. Feci il discorso di congedo all’Aula Magna quando andò in pensione, fu un momento molto intenso».
E si avverte la stessa intensità dell’astrofisica toscana, in fondo Matteucci il cielo lo conosce da sempre: «Vivendo nelle campagne umbre fin da bambina potevo osservarlo nitidamente, ho passato molte serate distesa a guardare la volta celeste, a immaginare mondi altri. Infine mi sono laureata con Franco Pacini e l’astrofisica è diventata una vera passione». La sua ricerca si occupa di evoluzione di galassie: «In particolare dell’evoluzione degli elementi chimici, perché oltre agli elementi leggeri del Big Bang, tutti gli altri, quelli che compongono il nostro corpo e la vita, derivano dalle stelle. È necessario studiare la storia delle galassie. Il mio campo è quindi quello dell’Archeologia galattica». Tra gli hobby c’è la corsa, il nuoto: «Soprattutto amo il canto lirico, ho preso anche delle lezioni, per dilettopersonale, non per esibirmi». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA