«Il casco per la respirazione negato a mio padre malato di Covid e di tumore»: denuncia alla polizia

UDINE. Un uomo di 81 anni, affetto da un tumore e positivo al Covid, si trova ricoverato all’ospedale di Palmanova, ma le cure che il personale sanitario intende offrirgli lasciano perplessi i familiari. E il figlio ha presentato un esposto in Questura: «Non voglio che lascino morire mio padre». Un disperato tentativo «per correre ai ripari» e assicurare all’anziano «la salvaguardia dei diritti dell’ammalato».

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La storia è quella dell’udinese Ferruccio Tami, colpito da un tumore al polmone e con necessità di dialisi. «Mio papà – racconta il figlio, Maurizio Tami, 55 anni – è stato sottoposto a un tampone l’11 gennaio al centro dialisi del Policlinico Città di Udine e il giorno successivo ci hanno comunicato che era positivo. Visto che la saturazione non era ottimale il 13 abbiamo chiamato l’ambulanza ed è stato ricoverato all’ospedale di Udine in medicina d’urgenza. Lì è rimasto fino al 21 gennaio, quindi è stato trasferito a Palmanova, nell’area mediche, sezione Covid». Ed è proprio lì che sorgono i problemi. Martedì la dottoressa di riferimento del reparto telefona per informare i familiari che l’anziano, con il quale la moglie e i figli sono regolarmente in contatto via cellulare, presenta un quadro clinico serio.

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«Durante il colloquio telefonico – sottolinea Maurizio Tami – mi è stato riferito che, essendo mio padre un paziente con un carcinoma, in base al protocollo e alla deontologia non faranno nulla di più di quello che stanno già facendo al momento per aiutarlo nella respirazione. Mi hanno fatto intendere, in pratica, che non provvederanno alla ventilazione forzata con maschera o casco e nemmeno tenteranno di dare altro supporto affinché possa uscire dalla situazione critica. Se dovesse sopraggiungere un’altra infezione un eventuale supporto sarebbe qualificato come accanimento terapeutico, essendo al limite della sopravvivenza. Mio papà – chiosa Tami – ha diritto ad avere il casco o la ventilazione forzata. Questo non è accanimento terapeutico».

A detta del figlio, dall’ospedale non avrebbero neanche fornito notizie «riguardo la positività al Covid-19» del genitore, «né di fisioterapie respiratorie o motorie». «Dove sono finiti – si chiede Tami nell’esposto– i diritti dell’ammalato, il diritto a non essere discriminato e il codice etico dei medici che hanno fatto il giuramento di Ippocrate?».

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Con la denuncia – inviata in Procura e per conoscenza alla Direzione ospedaliera e al Tribunale dei diritti del malato di Udine (al quale Tami si è pure rivolto) –, i familiari vogliono segnalare quello che ritengono essere «un abuso». «Perché non possiamo vedere mio padre – si domanda ancora Tami – attraverso un vetro o avere un colloquio diretto e non telefonico con i medici? Se il reparto dove è ricoverato mio padre non è in grado di aiutarlo nella guarigione perché non lo trasferiscono in un’altra struttura? Non mi sta bene – conclude – che i medici abbiano già deciso senza consultare la famiglia. Questo esposto non l’ho presentato solo per rivendicare il diritto alla salute solo di mio padre, ma di tutti quelli che sono nelle sue condizioni». —