Discarica di Pecol dei Lupi, si apre il nodo dei fondi post mortem
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La società: «Disponibili in trenta giorni». Il commissario: «Non basta siano accantonati, devono essere subito fruibili»
GORIZIA Post mortem. Ruota attorno a questa locuzione latina, e non da oggi, la triste vicenda di Pecol dei Lupi e, in parte, anche del sequestro dei conti correnti di Isontina Ambiente.
Si potrebbe ricordare quanto dichiarò, nel dicembre 2013, l’allora sindaco di Cormòns Luciano Patat. La situazione kafkiana di allora (che poi è quella di oggi) era ed è che Pecol dei Lupi non è aperta, né chiusa. È in stand by. È in una sorta di limbo. «E questa condizione continua a non permetterci di attingere ai fondi post mortem», disse Patat otto anni fa, e lo ribadì anche in altre occasioni. I fondi post mortem, dunque, ci sono. Sono stati accantonati e assommano a 5 milioni 174 mila euro, come si può desumere dal bilancio di Isontina Ambiente. «Qualcosa, ma manca l’evidenza, è stato già speso per il lotto zero per effettuare una prima baulatura», spiega l’amministratore unico Giulio Tavella. «E Isa, negli ultimi dieci anni, anche se i fondi post mortem non venivano più alimentati dalle bollette dei cittadini isontini, ha comunque implementato il capitolo di ulteriori 260 mila euro».
Ma, allora, perché si è proceduto al sequestro dei conti correnti bancari, mettendo in difficoltà Isontina Ambiente? Perché, fanno sapere fonti sia di Isa, sia del Comune di Gorizia, quei 5 milioni e rotti sono un dato contabile: non è detto ci siano, fisicamente, sul conto corrente. «Ma possono essere sbloccati e resi disponibili al massimo in una trentina di giorni». Il tribunale (e il commissario straordinario) ha fretta di chiudere la discarica anche se, prima di poter utilizzare quei fondi, Pecol dei Lupi va riempita dei metri cubi mancanti. Queste le parole, molto chiare, del commissario e amministratore giudiziario Luigi Palumbo: «Le modalità di funzionamento del fondo post mortem, come prevede l’articolo 15 del decreto legislativo 36 del 2003 che disciplina la normativa sulle discariche, è chiaro. Semplifico al massimo. Quando i Comuni conferivano i rifiuti a Pecol dei Lupi pagavano un certo prezzo, una tariffa, comprensiva di tutti i costi». Soldi, aggiungiamo noi, che arrivavano direttamente dai cittadini attraverso le bollette. «Ciò significa - argomenta Palumbo - che la società ha incassato le somme liquide. Quei 5 milioni e rotti, dunque, sono stati materialmente introitati. E deve corrispondere un pari deposito di liquidità. D’accordo che non c’è un vincolo di disponibilità, ma i soldi devono esserci materialmente sia per la chiusura sia per il post mortem». A quanto pare, dicevamo, sarebbe un dato contabile. Quindi, sono stati sì accantonati ma non sono materialmente subito disponibili, forse perché utilizzati per altre impellenze. «Ma i liquidi ci devono essere, altrimenti è un problema. E ciò capita un po’ dappertutto, vista la mia esperienza in questo campo. Tant’è che ho chiesto anche una modifica legislativa perché questi soldi dovrebbero essere depositati alla Cassa depositi e prestiti, invece molte volte vengono spesi. E sapete cosa accade di solito? I soci devono rimettere i soldi o qualche ente deve agire in danno come succede quasi sempre».