L’appello delle donne di scienza alla ministra Messa: “In Italia pregiudizi e discriminazioni ostacolano la ricerca e lo sviluppo”
TORINO. Nelle università italiane c’è una barriera resistente che impedisce ancora alle donne l’accesso alle posizioni apicali della carriera accademica e crea differenze di opportunità nella ricerca. Secondo i bilanci di genere nel Cnr, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, le ricercatrici sono il 46,8% e i ricercatori sono il 53,2%. Tuttavia, quando si guarda alle posizioni dirigenziali, la percentuale degli uomini sale al 78% mentre quella delle donne scende al 22%. Dati della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) dicono inoltre che tra i professori ordinari soltanto il 23% sono donne.
E’ da questi numeri che nasce la richiesta di incontro (finora inascoltata) dell’Associazione Donne e Scienza alla ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa: «Intendiamo proporre una serie di misure urgenti per il futuro della ricerca in Italia, considerato che i recenti bilanci di genere in Università ed Enti di ricerca mostrano ancora una volta quanto diseguaglianze e discriminazioni restino forti ostacoli al progresso scientifico e sociale». Se da un lato inclusività e valorizzazione dei talenti si sono dimostrati fondamentali, le misure adottare per il raggiungimento della parità di genere restano ancora insufficienti. «Le statistiche sono impietose e mostrano che la parità di opportunità nel nostro Paese è ancora lontana, così com’è lontano il pieno riconoscimento del nostro valore e della nostra autorevolezza scientifica». Un problema «che ha mille sfaccettature e inizia nella società, nei media, nelle famiglie, per proseguire nella scuola e nell’università, in particolare per le materie scientifiche dove la disparità è particolarmente accentuata». Ma è dopo il termine degli studi, in ambito lavorativo, che esplode il divario, «ed è qui che le chiediamo di intervenire – scrive l’Associazione alla ministra -, adottando misure che possano portare ad un mondo in cui non sia necessario essere eccezionali per raggiungere le soddisfazioni e i riconoscimenti lavorativi e di carriera che per gli uomini sono la “normalità”».
Sono numerose le associazioni che sostengono questo appello al governo. La richiesta è rilanciata anche da Facoltà e Politecnici di tutta Italia. «Potrebbe sembrare una questione che interessa solo le donne – sottolinea Sveva Avveduto, presidente dell’Associazione Donne e Scienza -, invece il raggiungimento dell'uguaglianza di genere nella sola area Stem («Science, Technology, Engineering and Mathematics») potrebbe aggiungere fino a 1,2 milioni di posti di lavoro e tra i 610 e gli 820 miliardi di Euro al Pil europeo entro il 2050». Il cosiddetto «soffitto di cristallo», se non ci sarà una svolta, è destinato al contrario ad alimentare ancora stereotipi e pregiudizi di genere nella scienza, «schiacciando» non solo le possibilità di progressione di carriera delle donne e privando il mondo della scienza di una parte dei risultati dell’impegno per la scienza. E se alle donne si preferiscono gli uomini nelle posizioni di comando, «a causa dei pregiudizi di genere – sottolinea ancora l’associazione Donne e scienza – le ragazze sono spesso scoraggiate dall’intraprendere studi scientifici, come se avessero minori capacità».
L’8 marzo scorso, l’Associazione presieduta dalla professoressa Sveva Avveduto aveva chiesto alla ministra Messa di istituire un tavolo tecnico dedicato al tema delle pari opportunità e delle disuguaglianze di genere nel mondo della scienza. Nessuna risposta. Così oggi la richiesta a Roma viene rilanciata: «E’ necessario che la parità di genere diventi reale nella pratica dei laboratori e delle aule universitarie, nella valorizzazione e valutazione dei curricula, nei bandi e nelle istruttorie dei concorsi, dei progetti nazionali ed internazionali. I problemi sono molti, e tutti vanno affrontati in modo sistemico: le disuguaglianze nelle opportunità di ricerca e di carriera, il riconoscimento della maternità e del lavoro di cura di bambini e anziani ancora prevalentemente sulle spalle delle donne, la questione delle molestie, delle onnipresenti battute sessiste, dei ricatti sessuali ancora frequenti malgrado l’attività del Comitato Unico di Garanzia».
L’appello ha ottenuto oltre 200 adesioni di associazioni e singoli professionisti, donne e uomini. «Il clima negli ambienti di ricerca – spiega Monica Zoppé, ricercatrice del Cnr fra le promotrici della lettera – è spesso ostile per le donne, con colleghi che ti guardano dall’alto al basso, senza ascoltare quello che dici. Poi magari prendono le tue idee e se ne appropriano, senza riconoscere il tuo contributo».