Uccisa a martellate in casa, l'ex marito in carcere: l'interrogatorio nella notte, i tre indizi e i dubbi sul delitto
LIVORNO. L’ha uccisa a martellate, giovedì notte, forse al culmine di una lite scoppiata perché l’ex moglie aveva paura di lui. E voleva che lui se ne andasse da casa, un appartamento al terzo piano di via Garibaldi. Poi ha cercato di costruirsi un alibi, fingendo un viaggio del quale – fino ad oggi – non sono state trovate conferme. Infine, quando domenica mattina la giornalista del Tirreno lo ha incontrato fuori dalla macelleria venduta da poche settimane e che si trova a pochi passi dal luogo del delitto, ha fatto finta di non sapere che cosa fosse successo all’ex moglie: «Non sapevo che fosse morta – ha detto – sono tornato ieri (sabato ndr) da Roma. Vado subito in questura».
Youssef El Haitami, 55 anni, origini marocchine, in via Fiume si è presentato poco dopo. È entrato negli uffici della squadra mobile da persona informata sui fatti. E ne è uscito, dodici ore più tardi, da indagato. Accusato di omicidio volontario per la morte di Ginetta Giolli, 62 anni, trovata morta sabato pomeriggio dopo un giorno e mezzo di silenzio: nuda, nel proprio letto, e con ferite compatibili col martello sequestrato dagli investigatori nell’appartamento.
Gli indizi
Dopo tre notti insonni, gli agenti coordinati dal pubblico ministero Pietro Peruzzi, sono convinti di aver risolto il giallo di via Garibaldi. Il primo atto formale del magistrato è stato quello di firmare il fermo del cinquantacinquenne perché – spiegano – «abbiamo degli elementi che ci fanno pensare che stesse per lasciare il Paese». Contemporaneamente lo stesso pm ha chiesto anche la convalida al giudice per le indagini preliminari, mentre l’indagato è stato trasferito in carcere.
A far cadere i sospetti degli inquirenti sull’ex marito sono stati diversi elementi. A cominciare dal racconto di una vicina della vittima che sia al Tirreno che agli agenti della squadra mobile ha spiegato di aver parlato con la sessantaduenne proprio giovedì sera. «L’ho sentita spaventata, impaurita – ha spiegato la donna – mi ha detto che sarebbe andata a dormire. Suo marito, che in quel momento si trovava in casa con lei, da quanto mi aveva raccontato aveva bevuto birra ed era rimasto a dormire sul divano. Qualche giorno prima avevano litigato, lei si era lamentata perché lui non l’aveva aiutata a portare degli oggetti per le scale».
A questo vanno aggiunti tre elementi. Primo: da quello che risulta l’ex marito è stato l’ultimo a vedere viva la vittima. Secondo: la porta della casa dove è avvenuto il delitto era chiusa quando sono arrivati i soccorsi. Tanto che per aprirla è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco.
Dunque chi ha compiuto quella azione, aveva le chiavi, ma quelle della donna erano nell’appartamento. Terzo: il telefono della vittima non avrebbe più risposto a chiamate e nemmeno ne ha effettuate, proprio dalla sera di giovedì.
I dubbi
Non tutto, però, è ancora chiarissimo. Intanto perché nonostante dodici ore di interrogatorio il cinquantacinquenne ha continuato a negare ogni responsabilità. Poi c’è il suo comportamento, certamente anomalo. Restare in città nonostante fosse già il principale sospettato. Infine presentarsi in questura in quel modo lascia diverse perplessità. A meno che dietro non ci sia una strategia precisa. C’è poi un ultimo dubbio. E riguarda la ricostruzione del delitto.
Dov’è stata uccisa Ginetta Giolli? Il corpo, come detto, è stato trovato nudo sul letto della camera. Possibile che l’aggressione a martellate sia avvenuta in un’altra stanza e poi l’assassino abbia appoggiato il corpo sul letto? Se così fosse sui vestiti di chi ha ucciso la donna dovrebbero esserci delle tracce di sangue. —
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