Vecchio Cicognini, tutti i misteri di un sequestro finito nel sangue
PRATO. Più che un sequestro di persona a scopo di estorsione finito male, sembra una terribile punizione quella che è toccata a Yan Zongwei, il cinese di 34 anni il cui corpo senza vita (salvo colpi di scena nell’analisi del Dna) è stato trovato il 10 giugno dai carabinieri all’ex Convitto Cicognini in via Fontana. Se una banda di rapitori decide di sequestrare una persona per estorcere ai familiari una grossa somma di denaro, è difficile credere che conceda al sequestrato la miseria di tre telefonate in 20 minuti per ottenere il risultato. E invece è proprio quello che è capitato a Yan lo scorso 26 aprile: quando è già insieme ai rapitori nella zona di via Strozzi chiama uno zio alle 10,11 chiedendo se può mettere insieme 300.000 euro; alle 10,19 chiama un amico chiedendo soldi; alle 10,31 viene richiamato da un altro amico al quale riesce a dire solo “centomila euro”. Subito dopo viene caricato in macchina e portato all’ex Cicognini, dove un mese e mezzo più tardi verrà ritrovato il suo corpo senza vita, nudo e ricoperto alla meglio con alcune pietre.
Ci sono altre cose strane in questa sanguinosa vicenda. La prima è che secondo i carabinieri Yan Zongwei dall’agosto 2020 al gennaio di quest’anno avrebbe avuto diversi contatti con Hu Yunjie, un cinese di 28 anni che a febbraio è stato arrestato a Bologna con l’accusa di aver organizzato almeno quattro sequestri di persona ai danni di piccoli imprenditori cinesi in Emilia e nel Veneto. Il futuro sequestrato che è in rapporti con un sequestratore di altri cinesi. Possibile che sia solo una coincidenza?
Un’altra coincidenza è che l’attuale compagna di Yan, la vittima, era stata in passato la compagna del trentenne Dong Jiwei, l’uomo arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver sequestrato e forse ucciso Yan. Con Dong la compagna di Yan avrebbe avuto anche dei figli. A casa di Dong, in via Pistoiese, i carabinieri hanno trovato anche tre pistole.
In mezzo a tante stranezze e coincidenze c’è un dato che invece sembra emergere con una certa chiarezza: la scelta dell’ex Convitto Cicognini come luogo non per tenere prigioniero ma per uccidere il trentaquattrenne cinese sembra premeditata, perché il 23 aprile, quando tre cinesi, tra cui secondo i carabinieri anche Dong Jiwei, si fanno consegnare una Mercedes da un’officina di via del Laghetto (la macchina che sarà poi usata per il rapimento), il primo spostamento registrato dal Gps dell’autovettura è tra via Firenze e via Fontana, cioè all’ex Convitto. Si tratta con tutta evidenza di un sopralluogo.
Oltre a Dong Jiwei, difeso dall’avvocato Tiziano Veltri, ci sono altri tre indagati in questa vicenda, nei cui confronti si ipotizza il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione. Si tratta di Zhang Yicheng, Yang Wenming e Lei Rongjiu. Quest’ultimo è il cinese che presenta due connazionali, tra cui secondo gli inquirenti anche Dong Jiwei, al titolare dell’officina di via del Laghetto dove gli orientali lasciano un’auto in riparazione e prendono in sostituzione la Mercedes i cui spostamenti, insieme a quelli dei telefoni, finiranno per incastrare i presunti responsabili del rapimento.
Quanto al movente, resta privilegiata la pista dei soldi. Yan Zongwei si guadagnava da vivere spedendo soldi in Cina e trattenendo una percentuale. Ha fatto un bonifico di 2.000 euro verso la Cina la sera del 25 aprile e uno di 6.440 la mattina del 26, quando era già nelle mani dei rapitori. Forse non sono bastati, ma la fretta con la quale è stato ucciso ha bisogno di ulteriori spiegazioni.