Da Pisa al Paraguay per ridare il sorriso ai bimbi senza cure
Dal “Santa Chiara” di Pisa il mago del bisturi vola nel sud del mondo per operare i bambini con malformazioni congenite.
È il dottor Gian Luca Gatti, direttore del percorso di labiopalatoschisi (patologia caratterizzata da schisi del labbro, dell’osso mascellare e del palato; nel linguaggio comune è più usato il termine “labbro leporino”) dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, tornato per la decima volta a operare i bambini in Paraguay dove era stato l’ultima volta due anni fa, prima della pandemia da Covid-19, ed è appena rientrato a Pisa con un bagaglio carico di emozioni e ricordi, come succede in ogni missione umanitaria.
Gatti e il collega Marco Stabile, direttore della Chirurgia plastica dell’Asl di Piacenza e presidente di Aicpe Onlus (Associazione italiana di chirurgia plastica estetica), hanno infatti partecipato a “Operación Sonrisa”, la missione all’interno del programma “Ñemyatyro” sostenuta dal ministero della Salute paraguaiano operando all’ospedale di Asuncion 36 bambini con malformazioni congenite del labbro e del palato provenienti da varie aree del Paese. Il chirurgo pisano, che è ormai un veterano delle missioni umanitarie avendo toccato gli angoli più poveri e sperduti della Terra per curare quelle popolazioni, ne ha operati una ventina, insieme anche al collega Bruno Balmelli, chirurgo plastico italo-americano direttore del Centro ustioni dell’ospedale paraguayano, tutti affetti da malformazioni complesse che, se non trattate, avrebbero generato complicanze nella crescita e compromesso irreparabilmente la qualità della vita.
«Anche stavolta – rivela il dottor Gatti – ho conosciuto persone, sia i bambini che i loro genitori, che mi porterò nel cuore, perché nella sofferenza ci si somiglia tutti, anche quando ci si cura in ospedali più “fortunati” in termini di servizi sanitari rispetto a quelli del sud del mondo».
Il percorso di labiopalatoschisi del “Santa Chiara” rappresenta una vera e propria eccellenza, essendo anche un centro di riferimento per tutta la Toscana. «Per l’attività relativa a questa patologia – sottolinea Gatti – Pisa è ai primi posti in Italia insieme agli ospedali di Milano, Vicenza e Roma. Negli ultimi anni abbiamo sempre superato 200 interventi, di cui l’80% su pazienti provenienti da fuori regione, in particolare dal sud Italia. Ormai, la nostra esperienza è più che consolidata. Siamo stati i primi ad operare i bambini al palato nei primi sei mesi di vita e al labbro nei primi 2-3 mesi di vita, prima cioè che inizino a parlare per prevenire eventuali conseguenze della patologia. Le prime operazioni a Pisa risalgono addirittura agli anni Settanta, quando primario era il dottor Alessandro Massei, il quale mise a frutto gli insegnamenti ricevuti in Svezia (a Goteborg) dal professor Tord Skoog, primo professore ordinario di Chirurgia plastica al mondo e considerato il precursore dell’attività contro la labiopalatoschisi».
Al “Santa Chiara” il percorso diretto da Gatti inizia con il chirurgo plastico che si occupa dell’inquadramento del paziente al momento della prima visita nel periodo neonatale o nel periodo prenatale informando i futuri genitori a riguardo di tutto quello che concerne la patologia. Successivamente, con cadenza periodica, almeno due volte l’anno, gli specialisti del team multidisciplinare, a seconda delle problematiche, seguono insieme al chirurgo i pazienti fino al raggiungimento della maggiore età. Questo team di specialisti comprende, oltre al chirurgo plastico e all’anestesista, l’otorinolaringoiatra-foniatra, il genetista, il ginecologo esperto in diagnosi prenatale, il pediatra, l’ortodontista, il logopedista e lo psicologo, i quali saranno presenti contemporaneamente negli ambulatori ogni qualvolta i pazienti si presenteranno per le visite di controllo.
«In Toscana – aggiunge il dottor Gatti –, regione dotata di un registro ufficiale dei difetti congeniti, di labiopalatoschisi ci sono circa 25 casi all’anno. L’incidenza della patologia è molto più rilevante nei paesi del Sud America, tra cui lo stesso Paraguay e in particolare il Perù e la Colombia. La nostra recente missione ha consentito di risolvere numerosi casi gravi che l’emergenza da coronavirus (che in America Latina registra ancora numeri molto elevati) aveva inevitabilmente relegato in fondo alle priorità sanitarie». —
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