Franco Basaglia il dottore dei matti che in cielo vedeva disegnato un cavallo
TRIESTE. Ha gli occhi profondi Basaglia. Occhi inquisitori, sempre all’erta, a volte da invasato. Mentre osserva come medici e infermieri si occupano dei pazienti all’Ospedale psichiatrico di Gorizia, mille pensieri sono già in moto dentro di lui. Mentre arringa il personale spiegando che i malati vanno trattati come esseri umani e non come oggetti e invita tutti a togliersi il camice, proprio quel camice conquistato con anni di studio, per avvicinarsi maggiormente ai degenti, diventa una figura luminosa in mezzo a tante ombre senza volto e perplesse.
È disegnato così il celebre psichiatra veneziano artefice della riforma dei manicomi che porterà alla Legge 180 nel graphic novel “Basaglia il dottore dei matti” (BeccoGiallo, pp. 138, euro 18) scritto e sceneggiato da Andrea Laprovitera e illustrato dal triestino Armando Miron Polacco.
Una storia per immagini cruda e livida in cui è la malattia a essere protagonista ma con momenti di gioiosa speranza che assume la potenza della rivoluzione e che alla fine risplende anche nel rigore del bianco e nero. Se i topi sottolineano le tavole più cupe, quelle in cui i personaggi si muovono tra le celle di costrizione, i chiavistelli, le stanze insonorizzate per coprire i lamenti dovuti alle scosse, ci sono invece colombi e gabbiani ad arricchire le scene di slancio e di visione di Basaglia che ha in mente un progetto sconvolgente che però non sarà facile trasmettere né tanto meno far accettare.
Il parco di San Giovanni sembra ispirare il dottore fin da subito: le eleganti palazzine di epoca asburgica e il verde della natura sono complici della sua missione e appena arrivato all’ospedale psichiatrico di Trieste Basaglia già intravvede nelle nuvole in cielo la sagoma confusa di un cavallo che corre, presagio e annuncio del futuro simbolo della sua rivoluzione. Marco Cavallo arriverà qualche tempo dopo, maestoso e colorato, ribelle e rassicurante, pronto a rompere muri reali e metaforici, a uscire allo scoperto, a invadere la città per rivelare alla società la condizione inaccetabile dei più fragili e degli emarginati. I collaboratori ammoniscono Basaglia: “Direttore, con tutto il rispetto… I malati non sono abituati alla libertà…”, ma lui è risoluto: “Vuol dire che impareranno”.
Andrea Laprovitera e Armando Miron Polacco confezionano questo libro in un momento particolarmente caldo per la sanità psichiatrica a Trieste: infatti non accenna ancora a placarsi il vortice di polemiche che ha investito l’amministrazione e i servizi psichiatrici della regione per la nomina al Centro di salute mentale di Barcola di un medico non appartenente alla tradizione basagliana. Per alcuni si corre il rischio di veder smantellato un esempio virtuoso che per primo in Italia ha applicato e dimostrato la forza della Legge 180, esportando con successo il modello triestino anche all’estero.
Le preoccupazioni fanno capire quanto delicata e sentita sia la questione. E suonano allora come un monito le parole di Basaglia che ritornano anche nel fumetto: «Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse. È importante che noi, adesso, abbiamo provato che si può fare diversamente: ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione, anche senza la costrizione». Laprovitera è un autore specializzato in sceneggiature per fumetti, in particolare di tematica storica: lo testimoniano i suoi “Gino Bartali”, “La battaglia di San Martino”, “Il bullismo spiegato ai bambini” e “Il Giglio bianco di Stalingrado”.
Miron, che ha studiato all’Istituto d’arte di Trieste e alla Scuola Internazionale di Comics di Padova, ha realizzato con Fausto Biloslavo “Libia kaputt” e più di recente “Perlasca” e si è specializzato nel tracciare a matita il carattere di eroi quotidiani, controversi, che si trovano da soli ad affrontare battaglie per i diritti di chi non ha voce.