È in coma profondo: la vita del 35enne è ora appesa a un filo
Si sono aggravate le condizioni di Pierfrancesco Ferrari, il 35enne di San Giorgio di Mantova ferito a colpi di spranga giovedì scorso nel piazzale della Favorita, insieme al giovane albanese, morto tre giorni dopo nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Mantova.
La vita di Ferrari, in questo momento, è appesa ad un filo: non si trova più in stato di coma indotto ma in coma profondo. I colpi che ha ricevuto così come quelli che hanno causato la morte di Atilio Ndrekai, si sono concentrati a livello cranico.
Evidente l’intenzione non di punire ma di uccidere. Il giovane albanese è stato letteralmente massacrato di colpi. Per la tarda mattinata di oggi è prevista l’autopsia a cura della medicina legale di Trieste. L’esame dovrà stabilire il numero dei colpi inferti e il tipo di arma usato: con tutta probabilità una mazza da baseball che è stata ritrovata sul luogo del delitto.
Nella giornata di ieri un familiare del giovane albanese si è presentato al comando provinciale dei carabinieri di via Chiassi, per avere delle notizie sulle indagini. Gli è stato risposto che l’Arma sta facendo tutto il possibile per assicurare alla giustizia i responsabili dell’agguato.
Per quanto riguarda le indagini gli investigatori continuano a tenere la bocca cucita, soprattutto in questa fase dove si ha l’impressione che davvero il cerchio si stia chiudendo sui responsabili dell’imboscata e del delitto. Nel frattempo i carabinieri stanno sentendo altri testimoni, compresi i genitori di Ferrari, che si sono affidati ad un legale.
La corona di fiori deposta sul luogo del delitto con la scritta “Il sangue si lava nel sangue” è un messaggio davvero inquietante.
Dodici i mazzi di fiori deposti intorno al luogo dell’aggressione, e questo lascia pensare che ci sia un gruppo di almeno dieci persone che stia cercando autonomamente i responsabili dell’agguato.
Il controllo delle telecamere, dei telefonini e delle celle telefoniche dovrebbero aver già dato risultati concreti così come l’esame degli indumenti sporchi di sangue, ritrovati sul luogo del brutale agguato.