Il Covid ha cambiato le nostre abitudini: connessi alla rete giovani e anziani
L’esperienza della pandemia e i relativi periodi di chiusura (lockdown) che hanno segnato da marzo del 2020 la nostra vita hanno trovato nella diffusione degli strumenti delle tecnologie digitali la via principale con cui continuare a intrattenere relazioni sociali, comunicazioni, oltre che lo studio e il lavoro, per chi l’ha dovuto traslocare a casa. Già prima di questa fase storica, tali tecnologie erano diventate una nostra protesi: erano il prolungamento delle nostre relazioni, un’integrazione del corpo (basti pensare a tutte le applicazioni sulla salute, sullo sport e così via).
La necessità di limitare i rapporti, i contatti con amici e parenti, di spostare il lavoro e la didattica, ha avuto come conseguenza un incremento esponenziale dell’utilizzo di tali strumenti.
Il loro tratto essenziale è aver creato una cesura radicale con il passato non solo nelle organizzazioni del lavoro, ma pure nella nostra quotidianità. Lo spazio fisico si è annullato: in qualsiasi momento possiamo vedere o sapere cosa accade altrove. Il tempo si è appiattito, il futuro e il passato si annullano in un presente continuo.
Gli ambiti di vita, un tempo separati, sono diventati permeabili fra loro: lavoro, tempo libero, famiglia, spazio individuale diventano quasi un tutt’uno. Possiamo essere sempre in relazione col mondo.
Le piattaforme
Oggi, più che immersi, siamo “sommersi” dal loro utilizzo. La diffusione delle piattaforme digitali ha traslocate molte (troppe?) delle relazioni sociali dal reale al virtuale. Con la conseguenza che, probabilmente, dopo la bulimia di call digitali, di didattica a distanza, assumeremo un atteggiamento più selettivo.
È sufficiente osservare il percorso che stanno realizzando diverse grandi aziende soprattutto dei servizi che, dopo aver spinto molto nello spostare il lavoro dagli uffici alle case (telelavoro e/o smart working) ipotizzando un’organizzazione flessibile e diffusa, ora stanno retrocedendo immaginando modalità miste: alcuni giorni in ufficio, altri da casa.
Il motivo è che la creatività, il senso di appartenenza all’azienda, il lavoro di gruppo crescono e si realizzano solo “in presenza”. La postura, lo sguardo, il calore d’una relazione non hanno (ancora, al momento) trovato una trasposizione analoga nel canale digitale.
Tutti con il cellulare in mano
Ciò non di meno, senza una connessione ci sentiamo smarriti: basta notare il disappunto di chi nota l’assenza di segnale sullo smartphone, il wi-fi che non funziona o non c’è, per intuire l’importanza (la necessità) che viene attribuita.
In fila a un ufficio o a fare il vaccino anti-Covid, sulla pensilina della stazione o in attesa dell’autobus, al tavolo del bar o del ristorante: ogni momento è utile per scrollare il video di uno smartphone. Azione oramai imprescindibile, parte integrante dei comportamenti quotidiani. Tutti con la testa china sui piccoli video. Al punto che è diventato eccezionale vedere qualcuno con in mano un giornale o un libro.
Una quota parte consistente della nostra vita convive con la realtà virtuale. E, come ci raccontano i fatti di cronaca, talvolta accade un’inversione: la virtualità diventa realtà o ciò che la influenza fortemente.
La quotidianità
Così, il web e le tecnologie digitali sono entrati a far parte della nostra quotidianità. Scandiscono i ritmi di vita, influenzano le relazioni sociali, l’informazione, i comportamenti. Quanto siamo connessi a internet nella nostra quotidianità è l’oggetto dell’ultima rilevazione di Reputation Science per Open Fiber.
La possibilità di essere collegati al web è, in primo luogo, un tratto che accomuna la quasi totalità dei nordestini (95,0%). Il dato medio si articola guardando ad alcune caratteristiche del campione.
La totalità delle giovani generazioni (99,0%, fino a 34 anni) fruisce di una simile opportunità, quota che si stempera progressivamente al crescere dell’età. Pur tuttavia, ben l’87,2 per cento di chi ha più di 65 anni ha un accesso a internet, in deciso aumento rispetto a pochi anni fa (59,3 per cento, nel 2019).
Siamo di fronte a un processo ormai diffuso anche presso le fasce di popolazione meno avvezze agli strumenti tecnologici. Un altro fattore discrimina i rispondenti: il titolo di studio. Chi ha un livello di istruzione basso accede molto meno a internet (88,0%) rispetto a un laureato (99,5 per cento). Il digital divide ha una configurazione demografica e sociale molto precisa.
L’accelerazione con il Covid
Il confronto, con analoghe rilevazioni svolte in anni precedenti, evidenziano l’andamento del fenomeno. Nel 2021 ben l’86,2% degli occupati si connette alla rete per lavoro ogni giorno, era il 69,0 nel 2019 e il 51,6% nel 2014. L’esperienza della pandemia ha quindi costituito un’accelerazione nell’utilizzo di tali strumenti.
Un analogo riflesso lo osserviamo sul versante dello studio. Se nel 2019 solo il 29,5% degli studenti utilizzava internet quotidianamente per lo studio, questa quota sale al 50,4% nel 2021. Nel 2014 già il 78,2% si collegava per motivi legati al loisir personale (social network, divertimento, informazione…), percentuale che sale all’87,8 per cento nel 2019, per assestarsi all’attuale 85,6%.
I profili degli internauti
Ma qual è il grado di pervasività delle tecnologie digitali nella nostra vita? Per offrire una misura di tale fenomeno abbiamo creato i profili degli internauti, sommando le risposte nei diversi ambiti.
Due gruppi prevalgono su tutti. Gli “iperconnessi” rappresentano il 61,1% dei nordestini, quota accresciuta rispetto al 2014 (41,8%), ma che appare stabilizzata: sono coloro che utilizzano la rete, sia per lavoro e studio che per motivi personali, tutti giorni. Questo profilo è più diffuso fra i più giovani (fino a 34 anni), chi è laureato e fa un lavoro autonomo. In particolare, in Friuli Venezia Giulia e in Trentino - Alto Adige.
I “liberi” costituiscono l’altro gruppo (32,6%), misura analoga a quanto rilevato nel 2014 (36,4%). In questo caso, annoveriamo chi si connette alla rete quotidianamente per esclusivo motivo personale, gruppo particolarmente presente in Veneto.
Gli “scollegati”
Infine, incontriamo i “casuali” (6,3%) in costante calo nel tempo, ovvero coloro che si collegano sporadicamente a internet sia sul lavoro che nello studio e nel tempo libero.
Va segnalato che si azzerano i già marginali “scollegati”, che annovera quanti non si connettono alla rete né per motivi professionali, né personali. Gli strumenti digitali sono, e saranno sempre più, parte integrante della nostra vita. Ma come per ogni strumento, il loro utilizzo equilibrato dipenderà dalla nostra educazione