Porto franco di Trieste in regime extradoganale: primo passo al Senato
Approvata dalla Commissione la risoluzione mirata a chiedere a Bruxelles l’inserimento dello scalo nell’elenco speciale in base al Trattato di Parigi del 1947
TRIESTE Dopo anni di lotte, richieste, ipotesi, ma anche lunghi silenzi, forse ci siamo, come hanno sottolineato i sindacati dei lavoratori portuali in un recente convegno. La risoluzione proposta nei giorni scorsi dal senatore Tommaso Nannicini e appoggiata dal governo potrebbe dare inizio a un iter mirato a riconoscere l'extradoganalità territoriale del Porto di Trieste.
Il condizionale resta d'obbligo se si pensa che la normativa di riferimento è quella del Trattato di pace del 1947 e del famoso Allegato VIII. Stavolta però un primo passo concreto è stato fatto, per ottenere che allo scalo del Friuli Venezia Giulia venga riconosciuto ciò che sta aspettando da decenni.
Ma che cosa significherebbe ottenere il riconoscimento dell'extradoganalità? Prezzi buoni come nelle zone franche di altre parti d'Italia e del mondo? No. Il fronte comune, stavolta davvero unito, fatto da lavoratori – che vogliono vedere riconosciuti diritti legati al Porto Franco Internazionale -, operatori portuali, politica e Autorità di sistema portuale punta all'industrializzazione. Non solo traffico di merci in zona di regime extradoganale, ma anche insediamenti dove lavorare merci, vigente lo stesso regime. Attività insomma che siano legate al traffico merci ma coi vantaggi che il Trattato ha riconosciuto a Trieste senza che fossero mai pienamente applicati. Questo vorrebbe dire dare fiato all'economia: manifattura e posti di lavoro.
La risoluzione di Nannicini invita il Governo – che tramite il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Vincenzo Amendola, si è già detto disponibile – a chiedere alla Commissione europea di metterci nella lista corretta delle zone a regime speciale. E quindi «... a mutare l’attuale status doganale del Porto Libero di Trieste da “regime di zona franca europea” a quello di “luogo escluso dal territorio doganale dell’Ue”...»
Il lavoro svolto finora non è stato semplice. La Regione, i lavoratori, l'associazione delle aziende impegnate in porto e l'Authority hanno fatto sentire la propria voce. Per contro, il sottosegretario Amendola ha espresso un sostegno inequivocabile, ritenendo che la proposta di modifica del all'articolo 4 del regolamento (Ue) 952/2013 sia in linea con l’Allegato VIII del Trattato di pace tra l'Italia e le potenze alleate e associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947: in esso si contempla la creazione del Libero Porto di Trieste, sottoposto alle autorità del Libero Territorio di Trieste e caratterizzato da un peculiare regime di libera circolazione di merci e servizi senza il pagamento di oneri doganali (extradoganalità).
Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale e in corsa per la poltrona di sindaco di Trieste, prova a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ricordando i tempi in cui è stato senatore. «È una notizia che potrebbe davvero cambiare la storia dei Punti Franchi triestini. È un percorso iniziato con la sdemanializzazione» (che lo stesso Russo aveva proposto e ottenuto) «ormai sette anni fa e mi fa piacere ricordare a chi allora mi attaccava che da quel momento insieme a Zeno D’Agostino sono stati fatti passaggi decisivi. Il sottosegretario Amendola - così Russo - ha potuto dare parere favorevole anche a nome del Mef (il ministero dell’Economia e finanza) che in passato tante volte aveva espresso riserve. A fronte di questo impegno il centrodestra in questi anni è stato a guardare. Speriamo sia venuto il momento di lavorare tutti insieme».
Soddisfazione viene espressa anche da Stefano Visintin, alla guida di Confetra Friuli Venezia Giulia (la confederazione regionale delle categorie degli Spedizionieri internazionali, Terminalisti, Agenti marittimi e Spedizionieri doganali). «Confidiamo che le istituzioni italiane sapranno trovare il modo migliore per il corretto inquadramento del Porto franco internazionale nel Codice doganale dell'Unione europea, realizzando quanto enunciato nella risoluzione» commenta Visintin. Una dichiarazione più soft di quanto Confetra aveva già avuto modo di esprimere nei giorni scorsi, quando aveva ricordato gli «anni di duro lavoro e approfondimenti sul concetto di extradoganalità del nostro Porto» che sembrano aver portato a un passo dal vedere correttamente riconosciuta la possibilità di sviluppare anche insediamenti industriali nei Punti franchi.
Gli imprenditori ora chiedono «unità e coerenza a tutte le forze politiche» per affrontare ciò che attende non solo la città di Trieste ma tutto il territorio regionale. La seconda puntata infatti si prospetta interessante, perché, pur dovendosi inquadrare nelle regole dell'Unione europea, a nessuno sfugge l'unicità (a livello europeo) del regime che dovrebbe regolare il Porto di Trieste.