A chi si applica il Green Pass? Quali sono le categorie esentate? Cosa succede a chi non lo presenta? Ecco tutto quello che c’è da sapere sulle nuove norme
Guida alle regole del decreto: ecco cosa cambierà dal 15 ottobre. Senza certificato addio allo stipendio, ma non al posto
A chi si applica il Green Pass?
Alla quasi totalità dei lavoratori pubblici e privati. Il principio sancito dal decreto è che debbano averlo tutti coloro che per svolgere la propria attività accedano in un luogo di lavoro, che può essere anche il negozio o la bottega artigiana. O il tribunale per un magistrato, ma anche casa del datore di lavoro per una colf o una badante. In pratica tutti a eccezione di pensionati, casalinghe e disoccupati. Un esempio aiuta a capire: l’avvocato che accompagna il suo assistito in tribunale non è tenuto a mostrare il Green Pass, ma è obbligato a farlo quando si reca in studio a contatto con altro personale.
C’è qualche categoria esentata?
Sì, i dipendenti del Quirinale e della Corte Costituzionale, i parlamentari e chi lavora a Camera e Senato, che costituzionalmente si autogovernano, ma che hanno già annunciato di volersi adeguare a breve.
Si può essere esentati per motivi sanitari?
Dal Green Pass sono esentati soltanto coloro che, in base alla circolare del 4 agosto diramata dal ministero della Salute, sono a loro volta esenti dalla vaccinazione per motivi sanitari. Ben pochi in realtà: chi ha avuto gravi reazioni avverse dopo la prima dose, le donne in gravidanza ma dopo valutazione medica, chi ha avuto in precedenza «sindrome da perdita capillare» (gravi emorragie). Il lavoratore in questi casi deve esibire idonea certificazione medica.
Badanti e colf devono mostrare il Green Pass per lavorare?
L’obbligo vale anche per loro, il problema è farlo rispettare. Secondo il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini, «se il lavoratore non vuole vaccinarsi o rinnovare il Green Pass, quando necessario è possibile sciogliere il rapporto di lavoro in modo libero, senza alcuna giustificazione». Ma le cose si complicano in quella metà dei casi nei quali colf, badanti e baby sitter non sono in regola, magari perché senza permesso di soggiorno. «In questo caso - spiega sempre Zini - alla richiesta di mostrare il certificato il collaboratore domestico che non vuole vaccinarsi potrebbe indispettirsi e aprire una vertenza». Per non parlare della sostituzione di personale sempre più introvabile.
Da quando viene sospeso lo stipendio a chi non è in regola?
La retribuzione, così come qualsiasi altro emolumento, non è percepita dal lavoratore senza Green Pass fin dal primo giorno di assenza. Che nel pubblico impiego è considerata «ingiustificata» e in quanto tale non può essere retribuita. Stesso discorso per i dipendenti privati, anche se per loro scatta la sospensione dal lavoro anziché l’assenza ingiustificata. Chi si mette in regola entro 5 giorni non riavrà comunque la retribuzione persa durante i giorni di assenza.
Il lavoratore inadempiente non può essere mai licenziato anche se la sua assenza si protrae nel tempo?
Il testo del decreto parla chiaro: l’assenza ingiustificata e la sospensione dal lavoro in ogni caso sono «senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro». Questo fino al 31 dicembre, data di scadenza del decreto, coincidente con la fine dello stato di emergenza. Poi o non ci sarà più bisogno del Green Pass perché la situazione sarà tornata sotto controllo oppure dovrà intervenire un’altra disposizione per chiarire se un lavoratore può restare all’infinito in aspettativa.
Chi non ha il Green Pass ha diritto di lavorare in smart working?
No, l’assenza del certificato non può dare in automatico il diritto al lavoro da remoto. È il datore di lavoro a stabilire in che misura si lavora in smart working. Se decide di alternare lavoro in presenza e da remoto, come la stragrande maggioranza delle imprese fa, è chiaro che il dipendente senza certificato finisce in aspettativa non retribuita. Se invece lavora al 100% in modalità remoto per ora può fare a meno del certificato. Nella pubblica amministrazione c’è ancora una quota importante di travet che lavorano da casa, ma il ministro Brunetta ha già annunciato che la quota verrà ridotta a non più dell’85%.
Cosa rischiano i commercianti che non si adeguano?
La multa da 600 a 1.500 euro, come tutti gli altri lavoratori che si recano sul luogo di lavoro senza pass. Ma non la chiusura da uno a 5 giorni, come il precedente decreto prevede per bar e ristoranti.
Chi farà i controlli?
Nel settore pubblico sarà un dpcm a definire la modalità di controllo, che da quanto annunciato dovrebbe avvenire per mezzo di un’app fotocopia di quella utilizzata nella scuola, affidando poi ai capiufficio il compito di verificare. Nel privato sarà il datore di lavoro a organizzare le verifiche come meglio crede, anche se il decreto invita a privilegiare i controlli all’ingresso e solo in ultima istanza a campione, sia nel pubblico sia nel privato.
Ci sono multe in caso di omesso controllo?
Su questo ieri c’è stato un piccolo giallo. Nel nuovo comunicato di sintesi del provvedimento diffuso da Palazzo Chigi non ce n’è più traccia, ma tanto al ministero della Funzione Pubblica che a quello del Lavoro assicurano che la multa da 400 a mille euro per il datore di lavoro che omette il controllo resta.
Cosa deve fare il titolare di una piccola impresa con meno di 15 dipendenti se uno di loro è No Vax e va in aspettativa non retribuita?
Dopo 5 giorni, se il dipendente non si adegua, può sostituirlo con un altro lavoratore per 10 giorni, rinnovabili al massimo per altri 10 in base al «decreto dignità» del 2017. Poi o ne trova un altro - cosa tutt’altro che semplice, sottolineano da Confcommercio - oppure resta senza. E per una piccola bottega artigiana può essere un bel problema.
Cosa rischia chi presenta un Green Pass falso?
Commette o il reato di contraffazione punito con la reclusione da sei mesi a un anno o quello di sostituzione di persona che può costare fino a un anno di carcere. —