Sul progetto Kipar per il Porto vecchio di Trieste è sfida di visioni fra Dipiazza e i rivali
TRIESTE Quale soluzione per il Porto vecchio? All’indomani della presentazione del piano dell’architetto Andreas Kipar per gli spazi pubblici dell’area, la comunità politica si divide: se per il sindaco uscente è la chiave per realizzare un nuovo borgo cittadino, gli altri candidati alla guida di palazzo Cheba chiedono a gran voce – ognuno a suo modo – che l’antico scalo sia anche sede di attività produttive.
Per Roberto Dipiazza il lavoro degli esperti germanici è un’occasione per riaffermare il suo essere uomo del fare: «Il Bosco urbano dell’architetto Kipar nel nuovissimo Porto vecchio è un tassello di questa nostra concreta visione della città che stiamo già progettando e realizzando, a differenza di altri che possono fare solo chiacchiere o raccontare menzogne». Quanto al rischio dello “spezzatino”, paventato anche dall’architetto, Dipiazza spiega il suo approccio: «I magazzini hanno 15-20 mila metri quadrati, è difficile pensare di non dividerli in sezioni per dare modo a diverse aziende di insediarsi. Poi il consorzio Ursus è lì per valutare: la Ford voleva farci il suo museo ma metterci anche un concessionario. Ho detto di no. Ma se arriva una proposta come quella di Eataly? Si valuta caso per caso».
Il candidato del centrosinistra Francesco Russo la vede diversamente: «Trovo interessanti molti spunti di Kipar, ma questa era una presentazione pre elettorale. Il tema vero è che quell’area ha bisogno di un piano strategico che non ne faccia un rione residenziale verde, con ampi rischi speculativi, ma che la metta nel suo insieme a disposizione di investitori e realtà produttive. Dal mese prossimo si cambia approccio: un piano di lungo periodo, un ragionamento sull’area nel suo complesso, il supporto di professionalità private ma anche capacità di ascolto dei cittadini. Perché, al di là delle capacità di Kipar, parliamo dell’ennesimo progetto calato dall’alto».
Riccardo Laterza di Adesso Trieste punta il dito sulle «scelte profondamente sbagliate» prese dal Comune «sulle destinazioni d’uso degli edifici»: «È triste constatare come l’assetto proposto degli spazi aperti e la loro relazione con i volumi esistenti siano concepiti sul modello di una città esclusivamente del tempo libero, dove il lavoro e la produzione non esistono». Rilancia: «Quando governerà il Comune Adesso Trieste stralcerà la variante che considera Porto vecchio come il quarto borgo storico di una città che ha già 13 mila case vuote e 1.800 negozi sfitti, e ne proporrà un’altra, con le misure e gli strumenti necessari a dare un futuro produttivo e sostenibile alla città».
Così la candidata del M5s Alessandra Richetti: «Il centrodestra continua a fare proposte faraoniche poco incentrate sui bisogni della città. Ho grande stima dell’architetto Kipar e nel suo lavoro ci sono spunti molto interessanti, la sua idea del verde ci trova d’accordo. Non riusciamo a capire però idee come quella della Regione, di arroccare lì tutte le sue sedi senza che ciò faccia crescere la città, mentre ciò di cui Trieste ha bisogno sono nuovi spazi di sviluppo».
Duro Franco Bandelli di Futura: «Kipar è un paesaggista e ha fatto la cornice di un contesto in cui mancano, non per colpa sua, i contenuti. Il discorso è sempre lo stesso, manca un progetto generale: siamo passati dalla ruota panoramica all’ovovia, agli uffici della Regione, che ricordo pagheremmo noi. Mi sembra, insomma, una boutade elettorale: nelle prossime due settimane mi aspetto arrivi l’impianto di ping pong dei coreani e la fabbrica di lana merino cilena. Suvvia». Il candidato della Federazione del Tlt Giorgio Marchesich commenta: «Il solito fumo negli occhi che arriva alla vigilia di ogni elezione. Noi non siamo favorevoli perché vogliamo non sia una speculazione edilizia, né un giardino incolto, ma un porto franco internazionale come impone l’allegato VIII».
Per la candidata di Verdi e Sinistra Tiziana Cimolino il progetto serve a coprire le carenze del Comune: «È greenwashing. Una strategia di comunicazione finalizzata a costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti al progetto che stanno costruendo veramente»