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Декабрь
2021

Il blitz di Draghi non ferma Landini, un miliardo in più per placare i partiti

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La risposta di Mario Draghi allo sciopero generale di Cgil e Uil non è né una dichiarazione alla stampa, né tantomeno una convocazione a Palazzo Chigi. È invece un decreto scarno, due pagine. Poco più di tre miliardi al momento senza destinazione, fatta eccezione per cinquanta milioni che serviranno a rafforzare i controlli sui green pass. Ma a Palazzo Chigi e Tesoro è tutto deciso. Quei fondi finanzieranno gli interventi contro l’aumento delle bollette energetiche e il taglio dei contributi previdenziali ai redditi più bassi. Il premier prova ad affidarsi ai fatti, pur sapendo che per i sindacati non è sufficiente. Lo sciopero generale di giovedì prossimo è confermato.

All’ora di cena, dai microfoni del Tg3, il leader Cgil Maurizio Landini alza persino il tiro, chiedendo di concentrare i tagli fiscali previsti dalla Finanziaria sui redditi fino a trentamila euro. Una richiesta che, se accolta, farebbe saltare la maggioranza su cui si regge il governo Draghi. «Proprio perché la legge di Bilancio è espansiva c’è bisogno si rivolga a lavoratori, pensionati, a chi ha redditi bassi», dice il leader Cgil. Landini tenta di scaricare la responsabilità dei problemi col governo ai partiti, senza i quali però Draghi non è in grado di avere i voti in Parlamento.

Più che la manifestazione di giovedì prossimo, il problema più serio del premier è proprio come venire a capo di una legge di Bilancio ormai fuori tempo massimo. «Sono molto preoccupato», confidava ieri il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, a un collega parlamentare. Bisogna tornare indietro di molti anni per trovare un testo ancora fermo alla prima lettura in Commissione, al Senato. Ieri sera al ministero del Tesoro c’è stata una riunione fiume fra i relatori dei partiti. Dei seimila e più emendamenti presentati ne sono stati selezionati circa settecento. E però il tempo per discuterli ormai non c’è più. Matteo Salvini è stato a Montecitorio per parlare con i deputati, che per evitare l’esercizio provvisorio saranno costretti ad approvare il testo a scatola chiusa e a ridosso di Capodanno. Nei piani di Draghi e del ministro del Tesoro Daniele Franco il decreto di ieri è una risposta indiretta allo sciopero dei sindacati e l’unica via per venire a capo delle richieste dei partiti.

I tecnici del Tesoro stanno ancora facendo i conti, ma la mossa può essere riassunta così: senza cambiare i saldi di bilancio (resi intoccabili dagli impegni presentati in Europa ormai più di un mese fa) il governo ha reso disponibili fondi sia per le due misure sopracitate (bollette e decontribuzione), e per avere più risorse per finanziare il resto. Fino a ieri erano disponibili circa seicento milioni di euro, da domani dovrebbe essere più o meno un miliardo. Franco, criticato per la scarsa efficacia diplomatica con partiti e sindacati, ha fatto uso di tutta l’esperienza da ex Ragioniere generale dello Stato per far tornare i conti.

Come anticipato da questo giornale una settimana fa, nel 2022 per il caro bollette ci saranno poco meno di quattro miliardi di euro, uno in più di quelli fin qui trovato. Si aggiungono ai tre già spesi quest’anno per un totale di sette: più o meno il costo necessario a finanziare il reddito di cittadinanza prima dell’emergenza Covid. Come promesso ai sindacati, un altro miliardo e mezzo servirà ad aumentare il netto in busta paga ai redditi inferiori ai 35mila euro lordi.

Ora per Draghi viene il difficile, ovvero mettere d’accordo i partiti una volta per tutte. Dopo la decisione dei sindacati di scioperare, Draghi ha deciso di sospendere il primo dei due emendamenti governativi con il quale avrebbe dovuto mettere il sigillo all’accordo sul fisco e alla rimodulazione delle aliquote Irpef. Ieri sera al Tesoro si era già tornati all’antico: un solo maxiemendamento che raccolga in un sol colpo tutte le modifiche. Arriverà all’inizio della prossima settimana, e cancellerà il dibattito dell’aula. Il Pd chiede più soldi per la scuola, i Cinque Stelle per allentare i limiti ai bonus edilizi, Lega, Forza Italia e Italia Viva vogliono un segnale più forte al mondo delle imprese, deluso dalle briciole rimaste al taglio dell’Irap.




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