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Декабрь
2021

Colle, Letta apre il dialogo con Meloni: patto per eleggere Draghi presidente

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ROMA. Enrico Letta arriva ad Atreju con un’esigenza inedita: non dover sembrare troppo vicino a Giorgia Meloni: «Il mio problema ora è dover smentire un film», scherza. Segno dei tempi e soprattutto di un'accelerazione degli ultimi giorni: il segretario del Pd e la leader del partito della destra italiana mostrano una sintonia sempre maggiore, che si contrappone a quella tra i due Mattei, Renzi e Salvini.

Qualche ora prima di arrivare nel tendone montato a ridosso della mura vaticane Letta, in un’intervista video al Corriere della Sera aveva pronunciato frasi molto apprezzate da queste parti, «per il Quirinale meglio una maggioranza larga, che includa anche Giorgia Meloni». Una menzione vista come un viatico a una serata di discussione pubblica, a tratti vivace (specie su fascismo e ddl Zan), ma molto apprezzata reciprocamente. «Mi piace stare qui», dice Letta quando gli dicono che è ora di chiudere l’intervento.

Cosa c'è dietro questo dialogo preferenziale tra i due leader? In pochi hanno dubbi: il punto di contatto è Mario Draghi al Quirinale. È troppo presto per parlare di un accordo, ma in Parlamento se ne parla ormai apertamente, con uno schema così: il premier al Colle ed elezioni non prima dell’autunno, per tranquillizzare i parlamentari preoccupati per la pensione. Un percorso complesso, a cominciare dalla scelta del successore di Draghi, ma che sta prendendo piede.

I due arriverebbero a questa soluzione spinti da esigenze diverse: Meloni per cercare di andare a votare il prima possibile, sull’onda di consensi crescenti e Letta per non dover subire un candidato scelto solo dal centrodestra. L’ipotesi non dispiacerebbe nemmeno a Matteo Salvini che ha la convinzione che se si votasse presto, la Lega sarebbe il primo partito del centrodestra.

In prima fila al festival dei giovani di Fratelli d'Italia (che mercoledì aveva tributato ovazioni a Marta Cartabia) c’è Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo conservatore al Parlamento europeo, sta aspettando che Letta salga sul palco, ma già ha un'idea: «Noi siamo stati i primi a dire che Draghi deve andare al Colle. Poi però noi aggiungiamo che si deve votare subito, loro non so...». Ignazio La Russa, che dalla prima fila ha ingaggiato un duello con Letta sul ddl Zan, per poi salutarlo con calore, commenta: «Ci ha detto una cosa chiara: vuole una destra moderna, perché vuole guidare una sinistra moderna. Giorgia ed Enrico si stimano e si vede. Il dialogo vero non è partito, ci sono le premesse però». Intervistato da Bruno Vespa e Maurizio Belpietro, Letta non si sbottona molto, mantenendo l'impegno a parlare di Quirinale solo «a partire dal primo gennaio», però insiste che occorre «trovare un consenso più ampio possibile». Certo non su Silvio Berlusconi: «La sua candidatura è molto in salita - dice Letta - questa cosa sta bloccando tante cose. Il centrodestra è fermo anche per questo in attesa di Godot, ma si potrebbero fare passi avanti...».

Un parlamentare di lungo corso, seduto in platea, interpreta: «Ci sta dicendo, risolvete la questione Berlusconi e andiamo insieme su Draghi». Operazione non semplice, perché il rischio per Meloni è di rompere la coalizione. Forza Italia non arretra: se il Cavaliere accettasse la candidatura «ci sarebbero i numeri per farlo eleggere», dice il coordinatore Antonio Tajani. Mentre Matteo Salvini, che in queste ore sta lavorando su più ipotesi (Draghi e Casini soprattutto), insiste che «il nostro tratto distintivo è la compattezza e riusciremo a vincere dimostrando di essere granitici» e il discorso riguarda anche le suppletive alla Camera (Simonetta Matone è l’ipotesi leghista per il collegio Roma 1).

Il leader della Lega ieri sera ha radunato i parlamentari: «Conto su di voi, nei prossimi giorni ci giochiamo partite che condizioneranno i prossimi dieci anni. Il prossimo presidente della Repubblica sarà un interlocutore per tre legislature». Quella attuale però potrebbe durare molto poco.




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