Lievitate le famiglie “clienti” dell’Emporio della solidarietà

MONFALCONE. Nei film di Natale stelle e strisce, quando nello sfondo narrativo delle metropoli c’è neve da battere i denti, a un certo punto l’occhio della cinepresa – è un classico – si allarga sul volontario dell’Esercito della salvezza, l’istituzione esportata ai quattro angoli del mondo che a fine Ottocento, al grido di “Soup, soap, salvation”, portò conforto materiale e spirituale nei sobborghi più miserabili di Londra. Ecco, al di là della digressione cinematografica, magari non è l’Esercito della salvezza, ma di sicuro un manipolo di coraggiosi, appassionati, disinteressati e, in questi mesi acuminati, senz’altro generosi volontari la quindicina di persone che ormai da alcuni anni porta avanti il progetto dell’Emporio della solidarietà di viale Verdi. Un minimarket all’intersezione con via Roma che dal debutto della moderna peste del terzo millennio non ha conosciuto battuta d’arresto nell’attività, anzi incremento nelle distribuzione di generi alimentari di prima necessità: per farsi un’idea, da gennaio a oggi, si sono elargite borse della spesa per qualcosa come 190 mila euro. Offrendo non sporadico sostentamento, bensì un servizio pressoché in pianta stabile a 238 famiglie, 650 persone in totale. Erano 180 nel 2019.

Strutture analoghe esistono anche nella destra Isonzo, ma i numeri di Monfalcone non si vedono da nessun’altra parte, perché qui la crisi lavorativa di nuclei appesi al precariato contrattuale, come per esempio l’appalto dell’appalto cantieristico, per via dei blocchi produttivi alternatisi durante i vari lockdown si è fatta sentire più crudamente. Infatti, come spiega il responsabile dell’Emporio Adriano Tropea, se in passato c’era una sensibile presenza di cittadini stranieri tra i richiedenti aiuto, ora, una volta rientrati i migranti in patria, il servizio di sostegno alimentare è appannaggio di italiani.

Una premessa: la struttura, gestita dalla Caritas in collaborazione con Banco alimentare, si regge su un meraviglioso equilibrio tra donazioni private, adesione dei supermercati locali che si sgravano della merce sull’orlo di scadenza e fanno sì non vada sprecata, sostegno imprescindibile della Fondazione Carigo e supporto istituzionale (Comune di Monfalcone e Srvizi sociali in particolare). E poi, naturalmente, si annota l’indispensabile forza lavoro: dal ragazzino sui 17 o giù di lì che nell’alternanza scuola-lavoro s’impegna per il prossimo al venerando don Genio da Staranzano, sempre in prima fila, come sottolinea Tropea, quando c’è da dare una mano. E accade spesso perché i numeri, dopo due anni di Covid-19, sono cresciuti considerevolmente, con almeno una cinquantina di nuovi ingressi, perlopiù famiglie rispetto all’ante pandemia. “Clienti” fissi, che possono scegliere in autonomia la merce da portare a casa come se facessero la spesa, attraverso un sistema di accreditamento a punti card. Meccanismo che non lede, anzi preserva la dignità delle persone che necessitano di un aiuto alimentare per sbarcare il lunario.

Non si pensi che l’aiuto nel mantenimento in vita dell’Emporio arriva solo dalle istituzioni, perché carburante dell’Emporio è appunto l’altruismo di cittadini “semplici” che anonimamente concorrono al buon funzionamento della macchina solidale. Si pensi al lavorìo quotidiano dei volontari che raccolgono in sacchetti e porzioni tutto il cibo accumulato. E poi ci sono gli alpini e i volontari della Protezione civile, che svolgono il rifornimento dell’Emporio facendo la spola tra discount e viale Verdi.

Insomma, una staffetta rodata, un autentico Esercito della Salvezza che opera senza clamore, in silenzio.