Sovraffollamento e contagi, carcere più duro a causa del Covid. Il garante dei detenuti: «Si intervenga»
UDINE. In carcere a Udine ci sono sempre alcuni detenuti positivi (erano una ventina venerdì 10 dicembre) e la loro presenza rende ancora più duro il carcere per tutti gli altri che non possono uscire dalle celle – o quasi, adesso c’è stata un’apertura in questo senso e sono previste delle uscite a turno –, non possono seguire programmi formativi, né avere colloqui con i familiari. «L’emergenza Covid – ha spiegato il garante dei detenuti Franco Corleone – si somma al grave problema del sovraffollamento. A Udine la capienza è di 86 persone, ma in questo periodo ce ne sono circa 130. Ci sono anche quattro o sei persone per cella che hanno a disposizione un unico servizio. E adesso il periodo di quarantena sta per superare il mese. La situazione si sta facendo critica, se si considera anche che ci sono pochi educatori e quindi risultano difficoltosi anche i colloqui con questi ultimi. Insomma, è una questione di diritti fondamentali, di dignità. E il nodo è, come ho detto, il sovraffollamento. Ora, visto che il Covid non se ne andrà tanto velocemente come avevamo sperato, bisognerà pensare a qualche soluzione».
Un grande passo in avanti, secondo Corleone, si potrebbe fare ricorrendo alle misure alternative al carcere: dagli arresti domiciliari alla semilibertà, fino all’affidamento in prova e ai permessi premio. «Per quanto riguarda queste misure alternative – precisa il garante – viene sempre sollevata un’obiezione: possono essere adottate solo nell’ambito di progetti che garantiscano il successo. Ma ora il nemico da battere, e in tempi brevi, è il sovraffollamento. Bisogna alleggerire la pressione. Come? I servizi psichiatrici del territorio devono fare una ricognizione per capire quanti detenuti con problemi mentali potrebbero essere adeguatamente seguiti al di fuori del carcere. Va in questa direzione una recente sentenza della Corte costituzionale che equipara la malattia mentale a quella fisica. Oltretutto, queste persone sono quello che più soffrono tutte le costrizioni legate non solo alla detenzione, ma anche all’emergenza Covid. Se il Dipartimento di salute mentale potesse accogliere alcuni di questi detenuti di certo la gestione del carcere ne beneficerebbe».
Altra questione: i tossicodipendenti. «Anche in questo caso – prosegue Corleone – bisogna capire quanti sono (in media si tratta del 30 per cento della popolazione carceraria) e vedere che tipo di trattamenti seguono. Poi vanno messi a punto dei programmi territoriali di affidamento terapeutico».
In sostanza, a parere del garante, «la carcerazione ai tempi del Covid è più dura e non sono previste misure di ristoro». «Con il virus – sottolinea Corleone – ai detenuti è stato tolto quasi tutto e, in quelle condizioni, è quasi un miracolo che non succedano cose gravi, ma come ho già ribadito, così, visto che siamo già alla quarta settimana di quarantena, si vanno a ledere i diritti fondamentali della persona. Molti detenuti potrebbero trovare una collocazione adeguata al di fuori della cella. Ma vanno trovate strutture e strategie alternative. O, per fare un altro esempio, potrebbero essere aumentati i giorni di liberazione anticipata. Sono tante le cose che si possono fare. Per fortuna – conclude – a Udine è stata ristrutturata l’infermeria ed è stata fatta la palestra. Adesso però vorremmo avviare una raccolta fondi perché mancano ancora gli attrezzi per fare ginnastica e poi si potrebbe anche acquistare un abbonamento tv in modo che i detenuti possano vedere le partite».