Stop allo sgombero del caffè Contarena di Udine, il Tar rinvia a marzo 2022 la decisione
L’ordinanza del tribunale blocca il provvedimento del Comune
UDINE. Il Tribunale amministrativo regionale ha confermato la sospensione del provvedimento con il quale il Comune aveva disposto lo sgombero del caffè Contarena, attualmente gestito dalla Spritz time srl.
Tutto congelato, dunque, fino al 23 marzo: in quella data il Tar deciderà se esprimersi sul merito del ricorso o rimandare la questione al giudice civile, come peraltro richiesto dal collegio difensivo che rappresenta l’amministrazione comunale.
Un altro rinvio
Almeno fino all’inizio della primavera la gestione dello storico locale di palazzo D’Aronco resterà dunque nelle mani della Spritz time, che aveva deciso di resistere davanti al tribunale amministrativo regionale contro la determina con cui il 28 ottobre scorso il Comune intimava alla società di sgomberare i locali.
I gestori, secondo l’amministrazione municipale, sono rei di non aver adempiuto alle prescrizioni contenute nel rinnovo del contratto di locazione formalizzato nel 2018, con il quale la società si impegnava a versare un canone annuo di 42 mila euro per 9 anni.
Nel contratto era prevista anche una cauzione di 60 mila euro tramite fideiussione, inoltre sempre nel 2018 tramite un atto ricognitivo la società si era riconosciuta debitrice di 263 mila e 800 euro da corrispondere al Comune in 81 rate mensili. Secondo la Spritz time invece «essendo nullo il contratto sottoscritto nel 2018 perché non ci può essere un affitto d’azienda di un bene storico, ma solo una concessione è il Comune che deve restituire tutti i canoni da noi versati dal 2005 a oggi».
Il nodo della competenza
Nell’udienza del 23 marzo, prima di entrare nel merito del ricorso, i giudici del tribunale amministrativo dovranno decidere se esprimersi o rinviare ai colleghi del civile. Il nuovo rinvio arriva «considerato che la definizione della questione non appare immediata, ma richiede di esaminare molteplici aspetti, relativi alla natura del bene immobile palazzo D’Aronco, al carattere pubblicistico o privatistico del rapporto instaurato tra Comune e società ricorrente, alla sua qualificazione giuridica», si legge nell’ordinanza.
Ammesso l’errore
Intanto, nei giorni scorsi, l’assessore al Patrimonio Francesca Laudicina, insieme ai funzionari del Comune, si è incontrata con i vertici della Soprintendenza Fvg, per chiarire la questione della mancanza di autorizzazioni rilevata dalle stesse Belle Arti nell’ambito della stipula dei contratti per gli spazi commerciali di palazzo D’Aronco. «Abbiamo trovato la disponibilità a integrare la documentazione mancante - assicura Laudicina -. Una leggerezza in buona fede quella del Comune, che non dovrebbe comportare l’annullamento dei contratti.
Da parte nostra, ci faremo parte attiva per procedere con la richiesta di tutte le autorizzazioni mancanti. Una questione che è di natura amministrativa». L'assessore, quindi, ammette l’errore, ma lo giustifica con il fatto che gli uffici, al momento della sottoscrizione dei contratti, abbiano fatto riferimento a un’autorizzazione generica rilasciata dalla Soprintendenza nel 2005, con la quale si chiariva come la parte inferiore di palazzo D’Aronco avrebbe avuto una destinazione esclusivamente commerciale. Invece, come disposto dal decreto legislativo numero 42 del 22 gennaio 2004, il cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Comune, in caso di concessione o locazione degli spazi di un bene classificato storico, deve ottenere un’autorizzazione preventiva del ministero della Cultura tramite la Soprintendenza Fvg. Atto che, per palazzo D’Aronco, risulta mancante.