Il giallo di Liliana, scomparsa da un mese. Il marito: «Ho paura che alla fine metteranno dentro me»
Visintin: «Temo di non saper ricostruire i miei movimenti nei giorni successivi al ritrovamento del corpo. Ma io spero ancora che la persona trovata morta non sia lei» LAURA TONERO
TRIESTE. «Ho paura che alla fine metteranno dentro me, perché temo di non riuscire a ricostruire quello che ho fatto minuto per minuto nei giorni successivi alla scomparsa di Lilly, e questa cosa mi mette nel panico». Sono le parole di Sebastiano Visintin, il marito di Liliana Resinovich, sparita il 14 dicembre scorso.
L’autopsia sul cadavere trovato nel bosco dell’ex Ospedale psichiatrico di San Giovanni, disposta per martedì 11 gennaio, e gli accertamenti di laboratorio che verranno eseguiti lunedì detteranno un punto di non ritorno per le indagini. L’uomo sa benissimo che se l’esame autoptico confermerà il corpo sia quello di sua moglie Liliana Resinovich, e se verrà spazzato via ogni dubbio sul fatto che si tatti di un efferato omicidio, il suo nome con molta probabilità, come atto dovuto, verrà inserito nel registro degli indagati.
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«Forse stanno analizzando le celle telefoniche per ricostruire i miei movimenti – sostiene Visintin – ma io non ho nulla da nascondere: quando mi sposto ho sempre il telefono in tasca, e spero questo tracciamento aiuti a provare che io non c’entro nulla».
Visintin ha fornito anche alla stampa una ricostruzione dei suoi movimenti, degli orari precisi di quel 14 dicembre scorso, giornata in cui la moglie è sparita, «ma adesso parlano anche di momenti successivi, di cose che sarebbero potute succedere giorni e giorni dopo – valuta – e siccome non so quali saranno gli sviluppi, se penso che ci ho messo giorni a rimettere insieme la giornata del 14 dicembre, perché ero sconvolto, il mio timore è di non riuscire a ricordare dei dettagli dei giorni, delle settimane successive alla scomparsa della mia Lilly».
A preoccupare l’uomo sono le ipotesi avanzate dopo il ritrovamento del cadavere, in merito alla data della morte e al fatto che il corpo della donna potrebbe essere stato trasportato lì anche in un secondo momento. Saranno i risultati degli esami eseguiti nelle prossime ore, e la Tac cui il corpo è già stato sottoposto, a fornire dettagli utili a definire da quanti giorni quel cadavere si trovava in quell’angolo dell’ex Opp e se la morte risalga proprio al 14 dicembre o a giornate successive.
E a quel punto, a Visintin potrebbero venir chieste informazioni precise anche su spostamenti o attività effettuati nelle ultime settimane. Sul caso indaga la Squadra mobile, coordinata dal pubblico ministero Maddalena Chergia. Il magistrato ha affidato la Tac al dottor Fabio Cavalli, esperto di radiologia forense, e l’autopsia al medico legale Fulvio Costantinides.
Visintin sabato si è confrontato con un legale del Foro di Gorizia. Non intende per ora fare il suo nome perché non ha sottoscritto ancora il mandato. L’uomo, tra l’altro, riferisce che la visibilità mediatica assunta dal caso ha spinto diversi avvocati a contattarlo per assumere la sua eventuale difesa. Il marito di Liliana si sente anche isolato.
«Appena Liliana era sparita – racconta – diversi amici mi avevano chiamato: “se hai bisogno di aiuto ci siamo”, mi dicevano. Mentre ora sono spariti tutti, a casa non avevo più neanche un pezzo di pane, e qualcuno di fronte alla mia richiesta di esporsi sui media per riferire di che bella coppia eravamo, mi ha riposto che non si vuole “intrigare”».
Di fronte all’allontanamento di molti amici, Visintin ammette di essere «spaventato dal fatto che magari si inventino anche delle cose, tipo che notavano in lei un cambiamento, paure o cose simili. Spero venga fuori che non è lei». Senza Lilly, come farà il marito nei prossimi mesi a pagare l’affitto, a mantenersi visto che può contare solo su una pensione minima e qualche entrata extra in nero? «Ho da parte 4-5 mila euro – dice – senza contare che un bravo avvocato costa...».