Bollette triplicate e iscritti dimezzati:così muoiono le piscine comunali venete
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La denuncia di Antonio Fiscon, che gestisce l’impianto di Tezze sul Brenta: «Ecco quanto pago di gas ed energia. Più conveniente chiudere tutto»
TEZZE SUL BRENTA. Basterebbe la tabella che pubblichiamo qui accanto per rendere visibile la voragine dei costi in cui stanno sprofondando tante realtà imprenditoriali. Abbiamo raccontato le difficoltà che l’aumento delle spese per l’energia sta causando a molte realtà industriali ma anche, per esempio, agli stessi maestri vetrai di Murano.
Stavolta entriamo nel mondo delle piscine e degli impianti sportivi, altre realtà disastrate da questa doppia tenaglia: da un lato la pandemia con le sue limitazioni, dall’altro l’aumento esorbitante dei prezzi.
Antonio Fiscon, padovano, rappresentante legale dell’associazione sportiva Centro Nuoto Tezze e gestore della piscina comunale a Tezze sul Brenta, tra Vicenza e Padova, mostra le bollette. A dicembre 2019 ne arriva una di 3.500 euro per 8.800 metri cubi di gas. Due anni dopo, nello stesso periodo, a fronte di un consumo di 8000 metri cubi, il costo è più che triplicato: 11.435 euro. E lo stesso vale per l’energia elettrica. A dicembre 2019 per 27699 kilowatt è stata pagata una bolletta di 5.282 euro, due anni dopo per 19.450 kilowatt il conto da pagare sale a 9.652 euro.
«Parlo da un ufficio freddo, perché faccio di tutto pur di contenere i costi ma così non è possibile. A gennaio siamo aperti, a febbraio non so se lo saremo», dice preoccupato, analizzando i report degli iscritti. Nel 2019 la piscina comunale di Tezze sul Brenta contava 1.600 iscritti, oggi sono sì e no un migliaio. Tra contagi e quarantene ci sono intere giornate in cui le vasche rimangono vuote. Ma intanto i costi corrono, perché gli impianti restano in funzione e gas e elettricità arrivano ogni mese.
«Ho preso i dati del 2019, che è stato l’ultimo anno decente» puntualizza Fiscon. «Il 2020 non fa testo, garantivano l’allenamento solo agli agonisti per via delle norme anti Covid. Il 2021 è andato male e ora siamo in difficoltà economica. Abbiamo chiesto un finanziamento per tenere in piedi l’impianto all’allora governo Conte ma lo scorso mese di dicembre ho iniziato a pagare il mutuo per restituire il prestito governativo».
Le regole che disciplinano l’attività nelle piscine sono stringenti. Prima del Covid bisognava garantire 2 metri quadrati per ogni persona in vasca, poi sono lievitati a 7 e, successivamente, ridotti a 5. Come se non bastasse c’è il modello gestionale di questi impianti che non è più attuale.
La piscina comunale di Tezze sul Brenta, come molte altre piscine, è di proprietà del Comune. Tramite gara e con la stipula di una convenzione, viene poi affidata in gestione a una società. Quest’ultima deve però sobbarcarsi non solo i costi derivanti dal funzionamento, ma anche la manutenzione ordinaria e straordinaria.
Nel caso di Tezze poi nella convenzione sottoscritta nel 2005 c’è persino l’impegno a realizzare una terza vasca. Ma di questo Fiscon, per ora, preferisce non parlare.
«A me interessa che sia visibile la sproporzione tra quanto si pagava prima e quanto si paga ora. Vorrei anche che fosse chiaro che il mondo di oggi non è lo stesso che c’era prima della pandemia. Insomma, se qualcuno non si fa carico di queste situazioni, siamo destinati a morire».
È una storia paradigmatica quella di Antonio Fiscon della piscina comunale di Tezze sul Brenta. Riguarda lui e il suo impianto ma riguarda anche tanti altri impianti con le stesse caratteristiche. Proprio nel momento in cui si registra un calo delle iscrizioni, i costi lievitano a dismisura.
«È più conveniente chiudere tutto, spegnere gas e e luce e mettere tutto il personale in cassa integrazione» ragiona Fiscon. «È evidente che serva un riequilibrio economico finanziario».
Federazione italiana nuoto e Assonuoto nelle scorse settimane hanno inviato una lettera alla Regione Veneto e ad Anci Veneto. «Da una stima effettuata sui 70 impianti affiliati alla Fin» si legge nella missiva «l’incremento dei costi nel 2022 si aggirerà sui 6 milioni di euro, con un’incidenza aggiuntiva sul bilancio di ciascuna società variabile tra i 60 mila euro per i piccoli impianti e i 150 mila per le strutture più grandi».
Ecco quindi la proposta delle associazioni sportive: «Prevedere un coordinamento che non si limiti al settore dello sport, ma che coinvolga anche i settori produttivo, sanitario e sociale. Provare così a predisporre la creazione di un ammortizzatore del caro bollette per costituire, con il supporto di tutte le istituzioni, un fondo regionale a sostegno dei