L’Oca Bianca di Treviso compie un secolo. Gigi, erede di Nerina: la tradizione vince
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Aperto nel 1921, il ristorante è rimasto della famiglia nel solco della mitica sacerdotessa: tempio di cultura, arte e memoria. E il tempo sembra fermarsi
TREVISO. Cento anni, anzi 101, ben portati. Correva il 1921 quando la famiglia Sartorato apriva, in vicolo della Torre, la trattoria l’Oca Bianca, diventata dopo la guerra il tempio della Nerina, fidanzata e poi moglie di Emilio Sartorato, sacerdotessa di un cenacolo che nella sua cucina solidamente ancorata alle radici trovava la cifra di una cultura e uno stare al mondo più laico, meno dogmatico.
Un secolo dopo, la trattoria continua a essere culla della tradizione, un porto sicuro per chi ama i pilastri della cultura trevigiana. In cucina c’è il nipote di Nerina, Gigi Chiarelli, che ha raccolto il testimone con la sorella Elena. Socia è Federica, non più legata sentimentalmente a Gigi, ma rimasta convintamente nella compagine
Fino a ieri hanno lavorato lì Carla e Luisa, sorelle di Nerina. Gianfranco, figlio di Nerina, è tuttora socio.
Oggi lo staff allinea Graziella, Manuel, Gianna, Arianna e Demetra. Una famiglia che ha attraversato il Novecento, e gli eredi ora portano l’inconfondibile impronta nel futuro. Lontano da mode e riflettori, da televisive indigestioni di programmi. Niente effetti speciali, oggi come ieri: qui prevale la sostanza, nel Dna di famiglia.
I Sartorato aprirono il locale dopo la Grande Guerra (ma osteria lo era già dall’800), finché Nerina Sponchia, casalese, figlia del barcaro Carlo, non impresse la svolta, a guerra (stavolta la seconda) finita. E nacque il tempio.
Gli eredi Sponchia, i Sartorato e i Chiarelli, non hanno voluto celebrare. Sempre avanti, in una filosofia di vita pragmatica, di fatica e sacrificio, valori di una sinistra storica dove si sono schierati diversi componenti della dynasty. Ma mai uno steccato: «Dove si lavora tutti, si mangia tutti», amava dire Nerina, quando tutti erano attorno a lei, omaggianti.
Ma figurarsi se habitués e ultimi cultori della trevigianità potevano sorvolare sul centenario. «Siamo ancora qui e crediamo sempre nella storia e nella tradizioni, la cucina dei nonni vince», parola di Gigi, dietro i fornelli. I piatti, anche nell’era di Internet, sono ancora quelli, con raro pedigree: bolliti e zuppe, sopa coada, ragù di piccione, trippa in brodo e baccalà, parmigiana, piedin de porsel e de vedeo, radici e fasioi, seppie, oca rosta col saeno: prima del Covid arrivavano i milanesi, apposta.
L’oca della splendida insegna centenaria, protagonista di stagione sul menu, spunta ovunque in sala: disegni di pittori e di bambini, schizzi e caricature, taglieri, sculture. E persino un tradizionale gioco su una traversa donata da turisti francesi tornati.
De Poli sosteneva che l’Oca Bianca «non era una trattoria, ma un luogo della filosofia trevigiana». E scrittori e artisti ribadivano: «Lì non si va a cena, ma a cenacolo». Di quei tempi, oltre foto e ritratti, restano i boccali dei clienti storici: personalizzati, ovvio, con l’oca.
Il tempo in sala pare fermarsi, anche grazie agli scatti “bianco e nero” di Alberto Nascimben: la Treviso più suggestiva imperlata di pioggia. Cento, e non sentirli.
CHI SI E SEDUTO A QUEI TAVOLI
«La mia amica Nerina à la sua trattoria in un vecchio vicolo, non lontano dalla piazza».
Così scriveva Giovanni Comisso, nella sua “Gentile Treviso. «Se Giovambattista Tiepolo, non per i suoi angeli precipitanti ma per i ritratti femminili con l’occhio furbesco e con il rosso vivo delle guance tra il pallore lagunare delle tempi e del collo, può essere celebrato con figure viventi, deve esserlo qui. Le sorelle di Nerina (Carla e Luisa, ndr) sono due modelle di Tiepolo, ma più della grazia di quella pittura veneziana, ànno quella teatrale – Locandiera e Serva amorosa – ànno il sorriso della buona accoglienza».
Artisti e scrittori sono sempre stati habituès dell’Oca. Non solo Comisso: l’altro nume è stato Goffredo Parise, adottato da Nerina e ritratto da Renato Trevisan sopra il suo tavolo. E poi Germi, Moschin e il cast di Signore & Signori; la coppia Belmondo-Antonelli, Paolo Poli, Mariangela Melato,Eleonora Giorgi, Paola Gassman e Ugo Pagliai, Glauco Mauri, Toni Servillo, Alessandro Gassman, Paola Cortellesi.
Musica? Nyman e il maestro Ephrikian. I ristoratori: Beltrame, gli accademici della cucina, da Bepo Zoppelli a Ciro Cristofoletti, Malossi, il mitico Zamprogna, Ciccio Borsato, Alfredo Chirighin, Ennio Beltrame. E la Bepa di Muscoli’s? Fece dal vivo la sua ultima cantata, per la gioa degli avventori.
La politica? Comunisti e socialisti di casa (pure Nenni), ma la Dc rispondeva con De Poli, Chiereghin e Mazzarolli. E gli artisti? Cancian, Ambrogio, Scarabello, Darzino, Sartorato, Trevisan, il mitico Toe. Le pareti sono una piccola galleria d’arte.–