Fentanyl: la riconversione produttiva dei cartelli messicani
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Prodotto dai narcos con precursori chimici in arrivo dalla Cina, l’oppiaceo sintetico a buon mercato invade gli Stati Uniti. E provoca decine di migliaia di vittime.
Per i trafficanti di droga interessati a entrare nel redditizio business del Fentanyl, un letale oppiaceo sintetico 80 volte più potente dell’eroina che sta facendo strage negli Stati Uniti, ma viene prodotto in Messico, tutte le strade alla fine portano a Wuhan. La tentacolare città industriale costruita lungo il fiume Yangtze nella Cina centro-orientale è nota soprattutto per le origini della pandemia. Ma da lì arriva anche circa il 70% dei precursori chimici, come il norFentanyl e il benzilFentanyl, necessari per produrre centinaia di milioni di pastiglie di questa sostanza che negli Usa sta falcidiando una generazione: 93.331 morti per overdose nel 2020 e oltre 100.000 nel 2021, di cui il 64% ucciso proprio dal Fentanyl.
Oggi l’America è sotto attacco, con un’intera generazione di zombie che, alla media di 175 al giorno, muore per le strade della California (lo Stato con più vittime nel 2021, quasi 6.000), della Florida e di New York, solo per fare qualche esempio. L’incremento delle morti, rispetto al 2019, è stato quasi del 100% e la curva continua a crescere in modo esponenziale, secondo i dati raccolti tramite i Cdc (Centers for disease control and prevention), l’agenzia federale americana che fa parte del dipartimento della Salute, dall’associazione Families Against Fentanyl, composta da genitori disperati che hanno visto figli e figlie andarsene in pochi mesi.
Al punto che, come denuncia il fondatore James Rauh, «oggi le overdosi di Fentanyl negli Stati Uniti sono la prima causa di morte per gli adulti tra i 18 e i 45 anni», avendo superato il numero di decessi per suicidio, Covid e incidenti stradali. Una strage dimenticata dal presidente Joe Biden, che pure della guerra contro il Fentanyl aveva fatto un manifesto elettorale durante la campagna presidenziale del 2020. Peccato che, una volta insediatosi, non abbia più combinato nulla di concreto.
Drammatico poi il fatto che il 42% delle pillole di Fentanyl sequestrate e testate dalla Dea contenga la dose considerata potenzialmente letale di almeno due milligrammi. Di fronte alla strage di giovani, l’antidroga statunitense ha lanciato la nuova campagna educativa di emergenza «One pill can kill» («Una pillola basta per uccidere») per informare sui pericoli di false pasticche che circolano e, in apparenza, sono identiche a farmaci come Oxycontin e Xanax.
«Pillole contraffatte sono state sequestrate in tutti i 50 Stati e nel Distretto di Columbia» avverte la Dea. «Questa è un’emergenza nazionale. I giovani adulti d’America - migliaia di persone ignare - vengono avvelenati» si sfoga Rauh. «Quest’anno, la Dea ha finora sequestrato oltre 20 milioni di pillole false che contengono Fentanyl» fanno sapere dall’agenzia antidroga statunitense. Raymond Donovan, agente speciale in carica alla Dea nella divisione di New York, ritiene che un «cambiamento immediato» negli Stati Uniti ci potrebbe essere «solo se il governo cinese intervenisse per regolamentare l’esportazione di precursori chimici».
Ma questo non sta accadendo. Anzi, la mafia cinese fa affari enormi in Messico proprio grazie al Fentanyl e, come rivela l’agenzia americana di contrasto alla droga, ha operatori e chimici che collaborano con i narcos messicani da almeno un lustro in città strategiche per il traffico di droga, come Culiacán e Guadalajara, le due roccaforti dei cartelli di Sinaloa e Jalisco.
Come ammesso a fine dicembre dal generale Luis Cresencio Sandoval, segretario messicano alla Difesa, i cartelli della droga del Paese «stanno costruendo e utilizzando laboratori sempre più grandi e produttivi per sfornare quantità sempre maggiori di droghe sintetiche come metanfetamine e Fentanyl». Il risultato suona come una catastrofe annunciata. «I sequestri dell’oppioide sintetico sono aumentati del 525% nei primi tre anni dell’attuale amministrazione, rispetto ai tre anni precedenti».
Ovvero, in Messico il traffico dello stupefacente è fuori controllo se si pensa che i sequestri da parte delle forze dell’ordine sono in genere un decimo rispetto alla produzione effettivamente esportata negli Stati Uniti, passando da 559 chilogrammi tra 2016 e 2018 a 3.497 chilogrammi tra 2019 e 2021. A fine ottobre 2021, membri dell’esercito messicano e della guardia nazionale hanno fatto irruzione in un laboratorio di droga sintetica in una casa di classe media a Culiacán, la capitale dello Stato nord-occidentale di Sinaloa, e hanno trovato 118 chili di Fentanyl puro, il sequestro più grande della storia del Paese, in un laboratorio che era in grado di poter produrre 70 chili al mese, ovvero 70 milioni di pillole contraffatte.
Costo di produzione 105.000 euro, valore sul mercato tra i 350 e i 700 milioni di euro. Rispetto a marijuana, cocaina ed eroina, il Fentanyl è molto più economico da produrre. Non richiede grandi appezzamenti di terra e non è legato ai raccolti stagionali, né necessita di grande manodopera, ma solo di basi chimiche facilmente disponibili sul mercato cinese e anche indiano, perché poco regolamentati e controllati. Inoltre, è facilmente trasportabile.
Una semplice busta con un chilogrammo di Fentanyl può drogare intere popolazioni e rendere ricchissimo chi riesce a commercializzarla per le strade di Miami, San Francisco o Seattle. «Un chilogrammo di Fentanyl equivale a 50 di eroina» spiega l’agenzia di analisi geopolitica Stratfor; e in questa logica di miniaturizzazione decine di milioni di dollari possono essere spostati in un’unica grande spedizione. Secondo la Dea, un chilo di polvere della sostanza può essere trasformato in un milione di pillole da un milligrammo, che nel peggiore dei casi possono essere vendute a cinque euro ciascuna o fino a 10, a seconda dell’andamento del mercato. Cioè, quei mille grammi di Fentanyl possono generare entrate fino a 10 milioni di euro. In compenso, il suo costo di produzione è irrisorio: la Dea stima non superi i 1.500 euro. E questo stupefacente ha cominciato a diffondersi anche in Italia.
L’altra faccia della medaglia è che in Messico è crollata di oltre il 50% la quantità di campi di papaveri da oppio visto che i principali cartelli narcos, a cominciare proprio da quelli di Sinaloa e di Jalisco che controllano il 90% delle esportazioni oltre la frontiera americana, hanno cambiato la produzione. Discorso analogo per la cannabis, la cui legalizzazione in molti Stati americani ha fatto sì che campi di marijuana in Messico si siano ridotti di circa la metà negli ultimi due anni. Insomma la legalizzazione della marijuana non ha sortito l’effetto sperato, ovvero distruggere il mercato criminale. Ancora una volta, i narcos invece hanno mostrato di essere sempre un passo avanti, inventandosi nuovi e più pericolosi prodotti capaci di farsi strada nel mercato internazionale, con una facilità senza precedenti.