“Amorosa presenza” regala il sogno di un nuovo inizio al Verdi di Trieste
Nel foyer del teatro lirico è tornato venerdì sera il pubblico delle grandi occasioni. La regista Chiara Muti accompagnata dalla madre Maria Cristina Mazzavillani
TRIESTE. Apertura di stagione con una prima mondiale per il Teatro Verdi venerdì 21 gennaio. Amorosa Presenza, l’opera scritta da Nicola Piovani, è finalmente arrivata al pubblico che la attendeva con grande curiosità. Era da tempo che la Fondazione di Trieste non apriva una stagione con un debutto assoluto e con il compositore stesso sul podio per regalare al pubblico il suo lavoro.
«Sono felice di questa serata anche perché devo dire che c’è stata un impegno e uno sforzo di tutti i collaboratori del teatro che hanno lavorato in condizioni difficilissime in questa pandemia quindi siamo anche andati oltre a quelli che sono i meri obblighi lavorativi - afferma il sovrintendente Giuliano Polo -. Tutte le componenti del teatro hanno agito con grande impegno e i risultati sono, secondo me, eccellenti anche per quello che riguarda la parte tecnica che è di grande livello.
Sono un po’ emozionato perché è la mia prima “prima” da sovrintendente del Teatro Verdi e spero nel successo ma spero anche che sia anche un nuovo inizio, un primo passo verso un ritorno alla normalità. Ci sarà una bella sala, e questo è un bel segno che speriamo che possa continuare così per tutto il resto della stagione».
E come è stata la serata? Un trionfo di pellicce, come ci si poteva aspettare, ma anche un’occasione per poter osare con degli outfit diversi. Tra i primi in foyer la regista Chiara Muti accompagnata dalla madre Maria Cristina Mazzavillani, moglie di Riccardo Muti. Se la regista ha scelto un outfit che mescolava il nero con il cammello, è stata proprio lei la prima a sottolineare il trend della serata con uno stivaletto pitonato. E lo stivaletto ha regnato sovrano, in tutte le sue interpretazioni. Tacchi non altissimi, nella maggior parte dei casi, ma colorati, borchiati o impreziositi in altri modi.
Elegantissimo il sindaco Roberto Di Piazza, e avvolta in un abito blu romantico Serena Tonel, vicesindaco. Semplicemente perfetto, il presidente del Rossetti, Francesco Granbassi, in una serata in cui l’eleganza classica è stata declinata soprattutto al maschile.
Le signore, invece, hanno interpretato questo debutto di un’opera nuova, su un libretto che è un adattamento di un libro di Vincenzo Cerami, con degli outfit che guardavano all’Oriente. La presidente degli amici della Lirica, Elisabetta D’Erme, ha scelto un abito in seta nero completato con un foulard bordeaux in stile giapponese, mentre Cristina Lipanje ha scelto nero e arancione, ma sempre dal sapore orientale e non sono mancati i total white.
Tanti cappelli, di diverse forme e colori che rubavano la scena ai gioielli, vere opere d’arte esibiti con nonchalance su abiti lunghi o cortissimi, spesso tempestati di paillettes. Incantevole, e a un primo sguardo molto somigliante a Carla Fracci, Lidia Stain in un abito argento che sembrava uscito da una favola, scelto, appunto per una favola moderna: «Da pubblico ritengo che sia importante impegnarsi quando ci si prepara per una serata come questa, afferma, anche perché tutte le maestranze hanno lavorato tanto per prepararsi per noi, e questo è il nostro modo per dimostrare loro la nostra riconoscenza».
Tanti i giovani in jeans e sneakers, perché la moda, per loro, va vissuta così. «In tutta la mia carriera lavorativa, non ho mai affrontato una prima esecuzione mondiale - commenta il direttore artistico Paolo Rodda -. L’attività è stata frenetica, fino all’ultimo istante». E, a poche ore dal debutto ha dovuto affrontare il cambio del protagonista, sostituito da Motoharu Takei: «Spero di vedere la gente uscire dalla sala con sguardi sorridenti. Per me la riuscita di uno spettacolo si vede dai loro volti e questo è quello che noi ci auguriamo. Sto vivendo questa esperienza con la sensazione di essere davvero di fronte a qualcosa di speciale, non solo una prima mondiale ma un evento che credo che rimarrà nella storia del teatro».
E con gli ultimi ritardatari che guadagnano la sala, scendono le luci e parte l’applauso per il maestro che dopo l’inno, si appresta a dirigere una prima che i fortunati in sala potranno raccontare per lungo tempo.—