Il tortello amaro: da segreto di paese a piatto apprezzato in tutto il mondo
Tutto partì 25 anni fa con la prima festa al parco Fontanella. Fautori la Pro loco e Luciana Corresini
CASTEL GOFFREDO. Un piatto rimasto per secoli confinato tra le mura di un paese che, grazie a una sapiente e lungimirante promozione, spicca il volo per farsi apprezzare in tutto il mondo. È la storia recente del tortello amaro di Castel Goffredo, che un po’ tutte le famiglie locali preparavano, ma risultava pressoché sconosciuto anche a soli pochi chilometri di distanza. I fautori dell’operazione sono in primo luogo Luciana Corresini e la Pro loco castellana, presieduta da Lara Fezzardi.
«Tutto è cominciato quasi per gioco, 25 anni fa, con l’organizzazione della prima festa del tortello amaro al parco Fontanella, sempre quattro serate nella terza settimana di giugno - racconta Corresini -: non sapevamo ancora di avere in mano un gioiello». Il tortello? «Parlo dell’erba di San Pietro, la Balsamita major: senza di lei non ci sarebbe il tortello». Un’erba che cresceva in tutti gli orti del paese «ma - ricorda Corresini - ci siamo accorti che molti la tagliavano e la buttavano. Con la nostra azione, abbiamo salvato l’erba stessa». Eppure, la tradizione dei tortelli era ben radicata. Si dice che sia nata in frazione Selvole: «In realtà - spiega Corresini - tutti a Castel Goffredo facevano i tortelli nelle feste comandate, ma a Selvole c’era un oratorio importante e quello era il piatto della festa di Sant’Elena. Poi, un’ottima trattoria preparava tortelli per tutto il quartiere».
Luciana ha svolto una certosina ricerca tra nonne e bisnonne castellane, e ancora indietro, scoprendo che fin dal Settecento la Balsamita entrava come ingrediente nei tortelli, ma la storia era ben più antica: «L’avvocato Piero Gualtierotti aveva trovato documenti che ne testimoniavano la presenza nei giardini Gonzaga Acerbi. Era citata anche nelle novelle dello scrittore cinquecentesco Matteo Bandello, che era stato a Castel Goffredo per alcuni anni». Probabilmente ogni famiglia aveva una propria ricetta: a unificarle ci ha pensato nonna Ida, che nel 1930 ha trovato una ricetta sul calendario, in seguito proposta a tutti come interpretazione della tradizione. La ricetta ora è custodita in Comune e dal 2006 è prodotto tipico regionale. Un contributo fondamentale per diffondere la conoscenza dell’erba e del tortello è arrivato dalla realizzazione del libro Il gioco dell’erba amara, opera del sociologo Paolo Polettini e della stessa Luciana Corresini per i tipi di Corraini, con contributi anche del compianto Corrado Bocchi.
«La pubblicazione ci ha gratificato - ricorda Luciana - già dalla prima edizione del 2004. Nel 2012 l’abbiamo aggiornata, coinvolgendo le famiglie castellane, chiedendo le loro ricette e pubblicandole. E ci sono tante ricette non solo di tortelli». Piano piano, un prodotto conosciuto solo a livello locale ha acquisito fama, apprezzato anche da grandi cuochi e finendo spesso in tv: «Io ho l’onore di essere Ambasciatrice del tortello amaro - sottolinea Corresini -: l’abbiamo portato a Roma e Firenze, la Biennale di Venezia ci ha chiamato due volte e al cimitero di San Michele, per il festival della musica, l’abbiamo servito a 500 persone. Siamo stati in Spagna, Portogallo e anche a Hong Kong. Siamo entrati nella comunità di Slow Food e chef come Massimo Bottura e Carlo Cracco hanno molto apprezzato il prodotto. I ristoranti continuano a proporli, e non solo quelli locali: i fratelli Malinverno della Crepa di Isola Dovarese, ad esempio, li hanno in carta da vent’anni».
Nel tempo, non è mancata un’evoluzione: da alcuni anni, infatti, la proposta del tortello amaro è affiancata da quella del tortello “amarissimo”, dove il ripieno ha un maggior contenuto di Balsamita major. «È una proposta che ha avuto successo - rileva Luciana - e stiamo pensando di prepararli sempre così. Devo dire che siamo riusciti a creare un indotto economico straordinario, al punto che un giovane cuoco, Francesco Ferrari, ha lasciato la professione per creare un laboratorio di pasta fresca: ora Pastaio Agostino è il nostro produttore ufficiale». Così, l’erba officinale dai mille nomi (a Firenze è chiamata Erba della Madonna, l’Officina profumo farmaceutica di Santa Maria Novella ne ricava pasticche) è tornata a diffondersi. Sì, perché i castellani, ovunque vadano coi loro tortelli, portano una piantina in dono. «L’abbiamo salvata dall’estinzione» conclude soddisfatta Luciana Corresini.