«Continua a brillare per chi ti voleva bene»: l’abbraccio di Trieste nell’addio a Robert
Esequie, raccoglimento, preghiere e processione per il diciassettenne strangolato per gelosia. Don Cucuzza: «Possiamo cacciare la violenza»
TRIESTE. I fiori posati sulla bara bianca e una foto grande di Robert. Lui, di un sorriso grazioso e ingenuo, il giorno del suo diciassettesimo compleanno. Ed è atroce immaginarlo ucciso, strangolato, con un laccetto di nylon attorno al collo – con più giri – da un amico follemente geloso perché lui, Robert, si vedeva con la sua ex da qualche giorno. Incontri veloci nel sottoscala della palazzina di via Rittmeyer 13. Un bacio, qualche carezza. Robert si era innamorato, hanno confidato gli amici. Ha trovato la morte proprio in quel sottoscala dove l’ex l’ha nascosto infilandolo dietro a un materasso.
Questo è successo. Ieri è stato il giorno dell’ultimo saluto che la mamma, il papà, i fratelli, i parenti e le decine di amici hanno dedicato al ragazzo.
Prima, alle 9, la camera ardente allestita nella cappella di via Costalunga, dove le urla strazianti della madre, Slavica, hanno letteralmente squarciato il silenzio del cimitero di Sant’Anna. I compagni dell’Enaip – l’istituto ha rispettato una giornata di chiusura per permettere agli studenti di prendere parte alle esequie – sono stati tra i primi a portare un fiore e ad abbracciare i genitori.
Ecco poi il momento di raccoglimento nella chiesa della Beata Vergine Addolorata di Valmaura, il rione in cui il diciassettenne abitava assieme alla madre e al padre, una famiglia di origini serbe radicata a Trieste. Infine la processione al cimitero, per accompagnare il feretro alla sepoltura.
Ma bisognava ascoltare in chiesa le parole di don Alessandro Cucuzza, sacerdote di cuore, anima e intelligenza raffinata, per trovare un po’ di luce – se mai possibile – all’assurda morte di Robert Trajkovic. Bisognava sentirlo, ieri, don Sandro. Capace di parlare con semplicità ai giovani che vivono in famiglie e quartieri difficili come Valmaura, dove il don fa il parroco. Ma fa soprattutto il prete di strada: in un rione in cui si spaccia pure in chiesa e che già nei mesi scorsi ha toccato con mano la tragedia dei ragazzi uccisi dal metadone.
«Il mondo è bello di cose e di persone – ha introdotto don Cucuzza rivolgendosi ai tanti giovanissimi seduti ai banchi – e Robert è una di queste. Voi, con la vostra amicizia, avete fatto in modo che lui fosse sorridente come in questa foto», ha aggiunto il sacerdote indicando l’immagine del diciassettenne appoggiata alla bara. «Qualcuno con violenza inaudita ha reciso questo fiore. Ma la luce nel cielo non si può togliere, alcune cose restano per sempre perché alle spalle c’è un Dio creatore. A voi ragazzi qui presenti dico di non sprecare le cose belle della vita. Chiediamo al Signore di essere belli, belli dentro. Perché è così che si caccia la violenza. Robert, continua a brillare per chi ti ha voluto bene».
Anche padre Rasko Radovic, parroco della comunità serba ortodossa, ha portato il proprio saluto: «Sono qui per esprimere vicinanza alla famiglia, la mia e quella della nostra comunità. L’accoglienza, l’apertura, la solidarietà, l’amore, sono stati in concreto dimostrati da voi giovani e dai triestini in questo drammatico momento. Trieste, che ha una fisionomia multiculturale, è fondata su questi valori».
Commoventi le parole che uno dei fratelli del diciassettenne, Denis, ha letto in chiesa. Denis, di due anni più grande, si è rivolto al fratello chiamandolo «amore mio». «Ciao, amore mio, mi manchi tantissimo, ho passato 17 anni bellissimi con te. Abbiamo pianto e gioito insieme. Ora che iniziavi a uscire la sera io ti aspettavo sveglio... ti scrivevo “dove sei? Stai arrivando?” Mi svegliavo in piena notte per vedere se c’eri. Eri così buono e ingenuo. Ti prometto che il mio primo figlio porterà il tuo nome».
Robert è stato sepolto al campo 11, a pochi passi da dove ha trovato degno riposo Liliana Resinovich.