L’imprenditore era accusato di bancarotta: i soldi della società usati per ristrutturare la casa dove girare pure Cento Vetrine
san felice. L’imprenditore Giuseppe Ruffoni, tra i più importanti impresari delle televendite nazionali, si è comportato correttamente nella gestione della società Zeca, finita in liquidazione nel 2012 e poi dichiarata fallita. Il suo modo di agire, alla pari di quello della moglie, furono adeguati alla situazione. Per entrambi è infatti arrivata l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” da parte del collegio di giudici, presieduto dal dottor Federico Meriggi con Elena Quattrocchi e Diletta Signori.
Si chiude così una vicenda iniziata nel 2012 e sulla quale aveva indagato la Procura, che tramite il pubblico ministero Claudia Ferretti aveva contestato ai due imputati la bancarotta fraudolenta. Ma nel corso del dibattimento è emersa un’altra indicazione, diametralmente opposta alla tesi sostenuta dal magistrato.
A Ruffoni (difeso dagli avvocati Cosimo Zaccaria, Tommaso Rotella e Roberto Ricco) e alla moglie (rappresentata da Luca Ricci) erano imputate alcune spese effettuata per necessità personali con i soldi della Zeca. Avrebbero quindi distratto i soldi della società prima del fallimento. Soldi finiti, sosteneva la procura, nella ristrutturazione di un importante edificio a San Felice e al noleggio di un’auto di lusso, data in uso al figlio.
Il dibattimento ha invece raccontato tutta un’altra verità rispetto alla tesi degli investigatori. Con i soldi di Zeca srl erano state sì effettuate delle ristrutturazioni, ma con un chiaro obiettivo imprenditoriale. La società era infatti attiva nella raccolta e vendita di spazi pubblicitari e televendite commerciali e aveva quindi necessità di uno spazio dove allestire i set televisivi. I vari testimoni hanno infatti raccontato che nella villa ristrutturata si lavorava con continuità e addirittura vennero registrate alcune scene della soap opera “Cento Vetrine” trasmessa sui canali Mediaset. Quindi il cantiere venne aperto per questioni lavorative e anzi aveva anche accolto altri allestimenti non direttamente collegati alla famiglia Ruffoni, ma di altri venditori molto attivi nella Bassa.
E l’auto di lusso noleggiata con i soldi di Zeca srl non era in uso al figlio per un vezzo, ma serviva per il trasporto degli ospiti, come del resto è emerso in tribunale tanto che la stessa procura aveva chiesto per l’assoluzione per lo specifico capo di imputazione. Ieri la sentenza, l’ultima dopo dieci anni dai primi accertamenti fiscali e dalle contestazioni penali.
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