L’ex bimba di Chernobyl torna in Veneto in fuga dalla guerra in Ucraina. «Un’odissea, ma siamo salvi»
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«Non mi dimenticherò mai di tutti quei bambini che avevano fame, fuori in piedi e impauriti al buio, senza nemmeno una piccola fiammella perché non ci sparassero addosso le bombe»
GALZIGNANO. «Meglio aver passato tre giorni di paura, che rimanere lì. Era una cosa che dovevamo fare, anche se eravamo tanto stanchi». Così ha detto Tamara, alla fine del racconto sull’odissea che l’ha portata con altri suoi congiunti dalla capitale ucraina Kiev alla galzignanese Valsanzibio, dove la ragazza è di casa perché ospitata in questa frazione la prima volta nel 1997 a 8 anni nell’ambito dei progetti per ridare speranza ai bambini colpiti dal disastro di Chernobyl.
Tamara è poi tornata negli anni successivi «in veste di traduttrice e accompagnatrice dei bambini fino al 2010». Ora di anni l’ex bimba di anni ne conta 33 e il destino l’ha riportata a Valsanzibio da rifugiata.
La giovane segretaria d’azienda è in compagnia del figlioletto di 4 anni, della mamma Tatiana di 67, della cognata Alexandra di 35 e di suo figlio di 6, ospitati da due famiglie della frazione.
Il marito Dimitri e il cognato Massimo sono rimasti in patria per dare una mano. A Kiev è rimasta anche Olga, sorella di Tamara, con la figlia Alexandra.
D’obbligo purtroppo, chiedere alla donna di tornare con la memoria al fatidico 24 febbraio: «Mi sono svegliata alle 6 per prepararmi ad andare al lavoro e una mamma di un compagno d’asilo di mio figlio, mi ha mandato un messaggio per avvisarmi che aveva sentito degli spari in centro a Kiev. Io ho continuato a prepararmi, ma mio marito ha preso la decisione di rimanere tutti a casa».
«Siamo rimasti dentro un giorno per capire l’evolversi della situazione. Poi abbiamo deciso di partire in treno per andare in Polonia, ma siamo riusciti a trovarne uno per raggiungere L’viv, situata sulla parte occidentale dell’Ucraina. Dodici ore in treno, schiacciati, in difficoltà anche a stare in piedi. Quattro o cinque treni al giorno in partenza per la Polonia, ma una fila lunghissima con persone in piedi fuori dalla stazione in attesa da più di dodici ore».
«Per fortuna, abbiamo trovato ospitalità per una notte e alla mattina, siamo riusciti a trovare un pulmino per raggiungere la frontiera, dove c’erano i pullman che trasferivano la gente nei paesi – prosegue – C’erano bambini piccolissimi, persone con gatti, cani, pappagalli. Ringraziamo i polacchi: hanno dato cibo, medicinali, vestiti, aiuto. Un pulmino ci ha trasferito in un grande centro commerciale, dove nei corridoi hanno messo i lettini per far passare la notte».
Tamara «non si dimenticherà mai di tutti quei bambini che avevano fame, fuori in piedi e al buio per la sicurezza». In Polonia, le tre donne e i bimbi sono stati raggiunti da Andrea Peruzzo, Luca Turato e Aquilino Giacomin che a bordo del Ducato parrocchiale hanno coperto 2.800 chilometri in 32 ore per portare a Valsanzibio la famiglia, aiutati nella missione dalla parrocchia e dal circolo locale “Noi” presieduto da Sandro Cappellozza. Una famiglia del posto ha dato la disponibilità di un alloggio per riunire insieme le tre donne e i due bambini.
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