Renzi: “La reazione a Putin va calibrata, nessuno scherzi con l’atomica”
ROMA. «La reazione a Putin va calibrata, nessuno scherzi con l’atomica», avverte Matteo Renzi. Invoca un ruolo nelle trattative dell’Europa, «che deve dare chance alla pace», mettendo in campo figure come la Merkel o Prodi. E bolla il presidente russo come «immorale, ma non umorale, perché vuole cambiare l’ordine mondiale». Ma l’ex premier liquida, «purtroppo, la narrazione di una Russia piegata dal sequestro degli yacht degli oligarchi». Sperando però che da questo choc, così come avvenuto per il Covid, l’Europa possa crescere, magari anche con un esercito comune: «Ora o mai più». Appena uscito da Montecitorio, dove ha ascoltato il discorso «emozionante» di Zelensky, Renzi mette i puntini sulle i: «Anche chi vuole a tutti i costi una pace frutto della diplomazia, deve riconoscere che c'è un aggredito e un aggressore. Chi li mette sullo stesso piano compie un grave errore politico».
Come le è sembrato l’intervento di Zelensky, rispetto agli altri suoi discorsi ai parlamenti Usa o israeliano?
«Un uomo coraggioso ma ovviamente provato da un mese di angoscia. Questa non è Netflix, è la guerra e Zelensky lo sa meglio di tutti. Forse meno forte di altri interventi analoghi, ma comunque un discorso orgoglioso e commosso».
Ha mantenuto toni moderati senza chiedere armi e una no-fly zone forse perché si sta lavorando più intensamente ad un accordo per via diplomatica?
«Spero che sia così. La no-fly zone non esiste: sarebbe l’inizio della terza guerra mondiale. E considerato il numero delle testate nucleari della Russia sarebbe la fine del pianeta. Putin è il responsabile di questa situazione, nessuna giustificazione per lui. Ma la reazione deve essere calibrata: nessuno può scherzare con l’atomica».
Nel parlamento italiano c’è stata una inedita sintonia nelle reazioni a Draghi tra Lega, sinistra radicale ed ex grillini. Come giudica le critiche al premier per non aver posto l’accento sulla pace ma sull’invio di armi?
«Penso che spaccare il capello in quattro per criticare Draghi non abbia senso: ha fatto un intervento serio, in linea coi partner europei e ha raccolto consenso anche di una parte dell’opposizione».
Lei sostiene che l’Ue deve acquisire un ruolo di guida sul fronte diplomatico con un mediatore di alto profilo come Merkel o Prodi. Ma da un mese se ne parla e non si muove niente in tal senso. Perché?
«Io dal 24 febbraio dico che l’Europa fa bene a inasprire le sanzioni ma deve dare una chance alla pace. E per farlo serve la diplomazia. Ci sono presunti statisti in miniatura che pensano che la diplomazia vada bene solo in tempo di pace. Ma questo serve per chi pensa agli ambasciatori come personaggi da tartine e Ferrero Rocher: la diplomazia serve proprio nei momenti di rottura. Serve ad evitare il peggio. I russi sono colpevoli di un’aggressione, ma proprio per questo bisogna parlare con loro. Ci stanno provando israeliani, cinesi, turchi: deve farlo anche la vecchia Europa. Secondo me la Merkel è la più adatta ma una figura come Prodi va benissimo: conosce bene la Russia, ha lavorato con alcuni governi della regione, ha guidato l’Europa. Si scelga Angela, si scelga Romano, l’importante è che si muova l’Europa».
La resistenza eroica degli ucraini può innescare una reazione estrema di Putin che lo porti a usare armi nucleari di bassa intensità?
«Spero di no. L’escalation va fermata. Nei fatti, ma anche nelle parole. Già il fatto che si paventi l’ipotesi delle armi nucleari dice molto della drammaticità del momento storico che stiamo vivendo: non è più un tabù anche solo parlarne e questo è una sconfitta per tutti».
Vede qualche effetto tangibile delle sanzioni occidentali o si è calcolata poco la capacità di resilienza dei russi, forse abituati a sopportare privazioni e propaganda di regime?
«Purtroppo, la narrazione di una Russia piegata dal sequestro degli yacht degli oligarchi fa bene per chi studia la politica estera su Twitter. Putin non è umorale: è immorale, semmai, ma ha una strategia. Sta provando a imporre un nuovo ordine mondiale, guardando a Cina, India e Africa. L’Europa ha un problema demografico non banale e conta sempre meno. I russi sanno resistere più di quanto una certa stampa occidentale abbia immaginato. L’Ucraina era un ponte, diceva Kissinger, ora è un baratro: ci vorranno decenni per recuperare ciò che si è distrutto in queste settimane».
Come valuta la reazione europea e l’iniziale ricompattamento su temi delicatissimi come la difesa e l’energia comune? Da questo choc possono emergere opportunità storiche per il progresso europeo?
«Ora o mai più. L’Europa cresce con le crisi e lo abbiamo visto col Covid, lo vediamo sui temi migratori, energetici, economici. E anche - spero - su quello di un esercito comune».
Oltre a Zelensky, chi ha dato prova di leadership sul campo in questo frangente?
«Macron su tutti. E spero che tra un mese i francesi gliene rendano merito rieleggendolo presidente».
Letta ha posizionato il Pd su una linea molto netta pro-Ucraina. I punti di distanza tra voi e i dem ormai si assottigliano?
«Ho apprezzato la posizione di Letta sull’Europa e anche la sua marcia indietro rispetto a qualche tweet precipitoso di è qualche settimana fa sul gas e l’energia. Col Pd nazionale va meglio di prima e molto meglio di come va col PD sui territori. Però le dico la verità: non riesco ad appassionarmi al dibattito politico interno. Da un lato c’è un disastro umanitario di bambini, donne e profughi con le bimbe, nel cuore dell’Europa. Dall’altro c’è un disastro geopolitico che interpella la Nato e l’Occidente su una sfida nuova. Sono temi che in questa fase mi interessano di più del rapporto tra PD e IV. Ed essendo cresciuto alla stessa scuola sono certo che sia così anche per Letta».