Siccità e possibile cuneo salino nell’Adige. A rischio l’approvvigionamento dell’acqua in Veneto
Manto (Viveracqua): «L’agricoltura potrebbe subire le ripercussioni principali, ma non si escludono impatti per le abitazioni nel sud del Veneto»
VENEZIA. È incredibile come i “discorsi alti” – e, a tratti, impalpabili – legati a cambiamento climatico, transizione verde ed ecosostenibilità possano diventare in un batter di ciglia il cuore della nostra quotidianità. Così la siccità di questi mesi rischia di avere un effetto disastroso sull’approvvigionamento dell’acqua. «Un rischio più elevato per l’agricoltura, che, in una situazione di emergenza, cede di fronte all’uso idropotabile» spiega Monica Manto, presidente di Viveracqua, consorzio che unisce i dodici gestori veneti del servizio idrico integrato, a totale proprietà pubblica.
Presidente, partiamo dal principio. Da dove proviene l’acqua che scorre nei rubinetti delle nostre case?
«Intanto, al contrario di quello che si può pensare, soltanto il 9% proviene dai fiumi. Il grosso, il 68%, arriva dalle falde acquifere e il rimanente 23% dalle sorgenti».
Quindi la siccità dei fiumi impatta solo per il 9%…
«Esatto, ma rimane un problema enorme. Ci preoccupa soprattutto la condizione dell’Adige, considerando anche le previsioni meteo delle prossime settimane, per nulla rassicuranti».
Non pioverà?
«Le precipitazioni continueranno a essere scarse. Significa che non abbiamo invasi nei quali fare manovre idrauliche, né ci sono manti nevosi consistenti di cui aspettare lo scioglimento».
Questo riguarda i fiumi. C’è anche un allarme relativo alle falde acquifere, essendo la principale fonte di approvvigionamento per l’idropotabile?
«Sì, in conseguenza dell’aggravamento dei livelli freatimetrici, vale a dire i livelli di profondità delle falde. La fotografia di oggi vede livelli che, inferiori alla media in tutta l’area veneta, tendono verso i minimi storici».
Ci potrebbero essere ripercussioni per l’approvvigionamento?
«Sì, siamo in una situazione di preallarme. E il rialzo termico, da aprile, combinato all’avvio della stagione irrigua potrebbe causare delle situazioni di inadeguatezza del sistema, a fini idropotabili, soprattutto per l’Adige».
Detto con parole semplici, c’è il rischio di non avere più acqua che scorre nei rubinetti di casa?
«Il rischio è più per l’agricoltura dato che, dalla legge Galli, in caso di limitazione dell’utilizzo irriguo, l’idropotabile viene salvaguardato. Ciò premesso, i problemi nelle case potrebbero presentarsi nel Veneto meridionale, che dipende dall’Adige, ma la siccità sarebbe solo la causa “mediata”».
Cosa significa?
«Quando il livello dell’Adige si abbassa molto, c’è il rischio di intrusione dell’acqua marina. È un fenomeno che si chiama “cuneo salino” e che va arginato con delle barriere. Ma questo significa mandare in crisi l’intero sistema di approvvigionamento del sud del Veneto».
È già accaduto?
«Non ancora, ma è un fenomeno che conosciamo e che monitoriamo ogni anno».
Data la minore disponibilità di acqua, c’è il rischio di contaminazione. Riuscite a farvi fronte?
«Quando c’è minore disponibilità idrica, la qualità dell’acqua tende a degradarsi. Questo perché, riducendosi il livello di ossigeno, può aumentare la concentrazione di contaminanti. Eventualità alla quale potrebbe aggiungersi, tra l’altro, il cuneo salino. Ma si tratta di un fenomeno chimico-fisico noto, a cui gli impianti di potabilizzazione dei fiumi riescono a fare fronte con specifici trattamenti».
Avete subìto l’impennata dei costi dell’energia, bisogna immaginare un conseguente aumento delle bollette dell’acqua?
«Con aumenti nell’ordine del 150-200%, l’impatto delle spese sui nostri impianti è stato dirompente e ha messo in difficoltà soprattutto i gestori. Ma non c’è un automatismo tra crescita dei costi e rialzi delle tariffe».
E voi come farete fronte al rialzo dei costi?
«Le nostre società sostengono costi elevatissimi per l’elettricità. Dei circa 6 mila GWh/a di consumi energetici annuali del settore idrico (il 2% di quelli totali), il 10% è riferito solo al Veneto. Le nostre sono società energivore, che utilizzano l’energia elettrica per potabilizzare, per depurare l’acqua e per trasferirla nei tubi in pressione, attraverso i quali poi questa arriva nei rubinetti delle case. Eppure i gestori del servizio idrico, ad oggi, non sono destinatari delle misure a sostegno delle imprese energivore, decise dal Governo. Abbiamo chiesto di avere anche noi delle agevolazioni con i crediti d’imposta». —