Mamma filma la figlia nuda e la posta. Condannata a 4 anni
Filmati hard della figlia minorenne spediti dalla donna all’uomo di cui si era invaghita. La Corte d’appello riconosce il danno anche per il Comune che aveva scoperto il caso tramite i servizi sociali
CONEGLIANO. In appello è stata ridotta la pena per la madre che aveva filmato nuda la figlia di 13 anni e poi aveva inviato le immagini ad un uomo di cui si era invaghita. La condanna è passata da 6 a 4 anni di reclusione. La Corte d'appello di Venezia però, a differenza di quanto avvenuto in primo grado, ha riconosciuto il danno per il piccolo Comune del Coneglianese che si era occupato del caso, attraverso i servizi sociali.
Il danno, morale oltre che patrimoniale, era stato quantificato in 154 mila euro, e dovrà essere affrontato in sede civilistica. «È' stato grazie all'assessore ai servizi sociali che era emersa questa terribile vicenda», spiega l'avvocato Aloma Piazza, legale del Comune che si era costituito parte civile nel processo, insieme al collega Riccardo Santin.
Ora è arrivata la sentenza di secondo grado. All'epoca, era il 2013, la famiglia era seguita dai servizi sociali. La ragazzina era stata data in affidamento a un altro nucleo familiare, ma non si spiegavano alcuni atteggiamenti definiti “disinibiti”.
Fu grazie alla caparbietà dell'assessore, che venne a conoscenza da un familiare dell'esistenza di quelle immagini e di filmati fatti dalle mamma, che partirono le indagini. Emerse una vicenda sconvolgente.
La donna, all'epoca cinquantenne, si era innamorata di un uomo campano conosciuto su una chat. Era stata convinta dallo stesso a fare foto e filmini non solo di lei stessa, ma anche della figlia tredicenne.
Gli episodi risalivano a una vacanza estiva in Croazia, con le riprese effettuate in una stanza d'albergo. Durante un'udienza in tribunale a Treviso, la madre aveva riferito di essere stata in balia di quell'individuo e non aver compreso la gravità di quanto stava facendo. La difesa ha portato anche in appello una perizia psichiatrica, ottenendo la riduzione della pena.
È stata però soprattutto ribaltata la sentenza di primo grado, nella parte in cui è stata riconosciuta la costituzione di parte civile.
«La Corte d'appello ha riconosciuto il danno per il Comune», spiega l'avvocato Piazza. Il Comune si prese carico della minorenne, che venne trasferita in una comunità adeguata per il recupero. La vicenda aveva provocato turbamenti e stati d'ansia, oltre che nel personale dei servizi sociali, anche per l'amministrazione comunale e l'assessore.
L’uomo, che la donna non ha mai conosciuto se non attraverso una webcam, era stato indagato in un altro procedimento penale per detenzione di materiale pedopornografico. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA